Jannuzzo: “tutto cominciò con un’orchestrina lungo il lago”

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INTERVISTA_FOTO 2Studente del Laboratorio di Esercitazioni Sceniche di Gigi Proietti a Roma, l’attore Gianfranco Jannuzzo potrebbe dire di sé: una vita per il teatro.

Ha lavorato con i grandi, Gino Bramieri, Garinei & Giovannini, Antonello Falqui, Antonio Amurri e Dino Verde. Di recente lo abbiamo visto in scena al Teatro Manzoni di Milano con “Lei è ricca, la sposo e … l’ammazzo”, con Debora Caprioglio e regia di Patrick Rossi Gastaldi e dal 2 al 19 marzo lo rivedremo, sempre al Manzoni, con la pièce Alla faccia vostra, adattamento dell’opera di Pierre Chesnot “L’inquilina del piano di sopra”, sempre per la regia di Patrick Rossi Gastaldi e con Debora Caprioglio, perché squadra che vince non si cambia. Uno scrittore di successo muore, moglie famigli e amici affollano l’appartamento del caro estinto: c’è di mezzo un’eredità e tutti mettono in moto sotterfugi per accaparrarsela, vuoi per sfangarla in vista di un imminente tracollo finanziario, vuoi per soddisfare i propri capricci. Ma i conti vanno fatti con l’oste, perché forse il convitato di pietra tanto di pietra non è…

OFF ha fatto quattro chiacchiere con Gianfranco Jannuzzo:

QUANDO DICI IL DESTINO

Caro Gianfranco, raccontaci un episodio “OFF” dei tuoi inizi…

È un ricordo della mia infanzia, un segno del destino: i miei genitori volevano che proseguissi i miei studi in Giurisprudenza, ma quando scelsi il teatro mi raccontarono che in realtà questa passione ce l’avevo dentro fin da bambino, per una naturale attitudine, diciamo, a far star bene le persone attorno a noi (e guarda che non sono per niente un tipo egocentrico!). Mamma e papà mi raccontarono che un giorno andammo a Lugano a far visita alla sorella di mia madre. Avevo cinque anni e c’erano queste orchestrine lungo il lago. A un certo momento iniziai a cantare “Chitarra romana” di Claudio Villa e chiesi a uno degli orchestrali di accompagnarmi coi loro strumenti. Ricordo la tenerezza di due genitori che vedono il proprio figlio divertirsi con una tale improntitudine e “faccia tosta” da dirmi poi che ero proprio predestinato a fare l’attore. Questo aneddoto mi lega indissolubilmente a due cose per me importantissime: la famiglia e il lavoro, che amo profondamente.

TUTTE LE STRADE PORTANO A ROMA

E c’è stato un momento in cui ti sei detto: «Ok, questa è la mia strada»?

Vedi come tutto torna…”Scoprii” da studente liceale la prima volta a Roma quel fenomeno straordinario che era (è) Gigi Proietti. Bene, anni dopo risposi a un suo bando di concorso, non capivo bene se cercasse attori per una compagnia teatrale o cos’altro…Beh, per farla breve, si trattava della sua scuola di recitazione, feci un provino e venni “preso”: quella scuola si chiamava Laboratorio di Esercitazioni Sceniche.

MANI BUCATE!

Tornando allo spettacolo “Alla faccia vostra”, com’è il tuo rapporto col vil danaro?

Non ci ho mai badato troppo, ti dirò. Ed è un peccato, perché quando sei giovane è giusto che sia così, ma col passare degli anni dovresti iniziare ad avere un rapporto più ”concreto” coi soldi, ma io non ce la faccio. Ma forse sono solo molto generoso! Infatti il mio rapporto col denaro nella vita “reale” è molto diverso da quello del mio personaggio in scena…Il denaro ci condiziona, ci può far diventare avidi allo stesso modo in cui ci può trasformare in grandi benefattori. Bisogna saper trovare la giusta misura.

VEDERE SE’ NELL’ALTRO

Quanto conta per un attore avere accanto una donna che lo sostiene? Due artisti famosi possono convivere?

È difficilissimo: si possono sviluppare dei piccoli conflitti d’interesse che non fanno bene. Io ho un rapporto bellissimo con mia moglie, Ombretta Cantarelli, milanessissima. E’ bello sapere che c’è una persona che crede in te, che ti sostiene e incoraggia sempre: sentire Ombretta vicino è per me fondamentale. E lo sarà sempre.

SICILIA AMORE MIO…

Tu, siciliano doc, vivi da tempo lontano dalla Sicilia ma hai mantenuto un forte legame con la tua terra: che cos’è per te la “sicilitudine”? (cit. Leonardo Sciascia)

Guarda, ti racconto un altro aneddoto, al di là della retorica che di solito si accompagna alla “sicilitudine” e all’attaccamento alla propria terra: mio padre era insegnante di Lettere e un giorno con mia madre fece una riunione di famiglia per prendere una decisione piuttosto importante. Allora ad Agrigento non c’era l’Università e bisognava trovare una sede universitaria, fra Palermo, Firenze e Roma. Ci “diedero” Roma, ma prima di compiere questo passo importantissimo mia mamma e mio papà vollero fare questa “riunioneINTERVISTA_FOTO 1 di famiglia”: io avevo dodici anni ed ero il maggiore di cinque figli, ma avevamo capito tutti che papà e mamma facevano questa riunione per noi, per il nostro futuro, per un progetto insieme. Noi piccoli lo sapevamo e chiedemmo e ottenemmo di andare dove avessero voluto mamma e papà, a patto però di poter tornare tutte le estati in Sicilia, dai nostri amici e “fidanzatine”. L’importanza delle radici, vedi? Io vivo tra Roma e Milano e ci vivo felicemente, ma la Sicilia mi mancherebbe come l’aria se non ci potessi andare così spesso come faccio ancora adesso, sia per ragioni professionali (ogni due stagioni sono lì) che personali. Ho un forte attaccamento alla mia terra e ti posso assicurare che non si tratta di un retaggio solo dei meridionali, è un luogo comune che ho sfatato ormai da anni: i Veneti sono innamoratissimi del loro Veneto, così come i Piemontesi e i Lombardi delle loro città –mia moglie adora Milano e non ne potrebbe fare a meno! Noi Italiani, tutti, siamo legati alla nostra terra e questo ci rende grandi, anche se ogni tanto ce ne scordiamo. Siamo tante culture che ne comprendono una, quella Italiana. Dovremmo ricordarci più spesso che noi Italiani siamo gente straordinaria.

ALTI E BASSI

Ci sono stati dei momenti difficili nella tua carriera? E se sì, come li hai affrontati?

Ci sono tuttora. Momenti in cui ti sembra che il tuo lavoro non venga riconosciuto. Prendi gli artisti francesi, o quelli tedeschi (Berlino è un esempio in tutto il mondo da questo punto di vista): sono adorati! Dovremmo volerci anche noi, come Italiani e come artisti, un pochino più bene -se mi concedi l’espressione. I momenti difficili  li superi con sacrificio, impegno e disciplina, perché solo così puoi ottenere il successo: non devi deludere il tuo pubblico. E nei momenti “no”, devi pensare alle cose belle del tuo lavoro, all’impegno e alla dedizione che ci metti. Questo vale per qualsiasi lavoro, anche se gli artisti sono più esposti: in un momento di crisi come questo, la prima cosa che si taglia è la Cultura. Noi Italiani siamo più fragili di altri.

VITTORIO!

Se non fossi Gianfranco Jannuzzo, chi vorresti essere?

Ogni tanto ci penso…Sono molto contento di essere quello che sono. Magari, senza gli eccessi che alimentano il personaggio, vorrei essere una specie di Vittorio Sgarbi, una persona di cultura enciclopedica che sa divulgare molto bene le cose che sa. Io cerco sempre di colmare le mie enormi lacune culturali:  passa il tempo e aumenta la tua curiosità, la tua sete di conoscenza.  Ma ti rendi anche conto di quante cose non sai. Ecco, mi piacerebbe potermi “coltivare” di più: mi sentirei in dovere di farlo. Però ti dico anche che sarebbe ipocrita da parte mia se ti dicessi che non sono contento di quello che sono e che faccio. E’ vero anche che per indole non sono mai soddisfatto, ma del resto la mia è una professione in divenire: imparo ogni giorno dai miei colleghi, dai tecnici e dal pubblico, che cambia ogni giorno. Imparo e cresco, cercando di dare il meglio di me e migliorarmi ogni giorno come uomo, come attore e come marito. La vita è straordinaria per questo: ti insegna ogni giorno qualcosa.

PROIETTI, BRAMIERI, GARINEI E TANTI ALTRI

Hai lavorato con grandi registi, attori e autori: chi è stato il più “importante” nella tua vita professionale?

Non è soltanto uno. Mi considero un grande privilegiato: ti ho già parlato di Gigi Proietti e della sua scuola straordinaria, è stato lui a formarmi, a insegnarmi  l’abc del teatro e a infondermi quella disciplina Alla_faccia_vostra_-_per_sitoper cui l’attore deve saper fare tutto, ruolo comico, drammatico e così via. Gigi diceva a noi ragazzini, di non prenderci troppo sul serio, anche se quello che stavamo intraprendendo era un lavoro serissimo: se fai questo lavoro con serietà, dedizione e umiltà, imparando di chi lo sa fare meglio di te, puoi soltanto crescere. Un altro mio maestro è stato Gino Bramieri, da cui ho imparato cose straordinarie: ma l’ho capito dopo, perché ho immagazzinato cose quasi senza rendermene conto. Ho ereditato un pubblico, che veniva per Gino Bramieri e trovava me. E quando Gino ci fece il brutto scherzo di andarsene, quel pubblico continuava a venire, per vedere cosa avrei fatto da solo: la sua fu un’eredità impagabile. E poi il mio pigmalione, Pietro Garinei, che ebbe una grande apertura di credito nei miei confronti. Ho lavorato con attori e attrici bravissime, Turi Ferro, Valeria Moriconi, Rossella Falck, Gabriele Lavia, Maurizio Scaparro e…non ti sembri falsa umiltà, ma ho imparato e imparo da tutti, anche da quelli più vicini a me nel tempo, come Fabio Testi, Paola Quattrini, Anna Falchi, Claudia Koll. Sono stato un privilegiato, ho avuto e ho tuttora compagni di lavoro straordinari che mi arricchiscono: Debora (Caprioglio, n.d.r.) è una persona fantastica, che ama molto il suo lavoro e non ha atteggiamento divistico e fa da esempio a tutti noi -sai, la compagnia diventa una specie di famiglia ed è indispensabile la serenità fra di noi. Questo spettacolo (“Alla faccia vostra”, n.d.r.), molto duro e scritto molto bene, è una bella “palestra” e una bella avventura.