Facebook, la riserva virtuale della finta libertà

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Non ci sarebbe nulla di nuovo: i cosiddetti standard della buona educazione regnanti su Facebook (regole di buona condotta stabilite dalla “classe dirigente” dello stesso social network, che peraltro non poco tempo fa aveva fatto un “outing” politico di autocandidatura alla guida del Paese e del mondo) sono beneducati solo nei confronti delle avversioni varie a tutto ciò che ha a che fare con la religione cristiana e molto severi verso il nudo femminile e le opinioni fuori dal coro politicamente corretto. Ma è di questi giorni la notizia che la pagina Facebook “Musulmani contro il Natale”, che millantava di voler “eliminare” il Natale, si è rivelata un fake. Poco importa, perché intanto è passato (ancora) il messaggio in base al quale prendersela con la religione cristiana non è poi così grave, anzi è segno di progressismo. In realtà i veri oscurantisti sono proprio loro, i custodi del bon ton socio-politico che sotto l’ipocrisia della tolleranza nasconde un atteggiamento neutralmente complice dei mozzorecchi varii, occidentali o no, moderni o primitivi, islamisti o no che siano che siano (Redazione, 21/11/2017).

Facebook fa il presidio democratico nell’epoca delle grandi e zoppe democrazie, si premura di garantire la liberà d’espressione difendendo l’indifendibile ma censura l’incensurabile e trascura ciò che andrebbe censurato. Su Facebook puoi bestemmiare, pubblicare i proclami dell’ISIS e scrivere post antisemiti, ma la Maya desnuda non puoi postarla, pena il rischio di epurazione  dalla “comunità” a mezzo segnalazione anonima.

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La difesa degli “spazi di sensibilità” (altrui) riduce a carta straccia la più elementare delle libertà, che consiste non solo nel poter esprimere le proprie idee senza tema d’esser linciati dal canaio forcaiolo degli indignati speciali a difesa di sensibilità diffuse, ma anche postare la foto di una fanciulla ignuda esposta a una mostra di arte contemporanea.

Facebook non ha solo un problema con il corpo, ma anche con la mente: il sindaco di Béziers è sotto processo a Parigi per aver criticato il fenomeno dell’immigrazione incontrollata, ma provate a cercare il suo discorso sulla pagina Facebook del comune francese…

Il Rijksmuseum di Amsterdam, in nome della “Regolazione della terminologia coloniale”, ha modificato i titoli di circa duecentomila fra dipinti e sculture in un lessico politicamente corretto: provate a cercare sulla pagina Facebook del Museo i titoli originali delle opere del XVII e XVIII secolo convertiti in linguaggio “ rispettoso”…

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La linea editoriale di Facebook e le norme che ne regolano l’uso sono la pratica operativa di una polizia del pensiero che prende di mira chiunque non abbia ancora mandato all’ammasso il  cervello: è l’autoritarismo culturale imperante, importato dalla Silicon Valley, che restringe gli spazi critici con lo stigma dell’islamofobia, del razzismo e della misogina.

In nome della protezione della moltitudine di sensibilità sparse per il globo ([…]Data la varietà della nostra comunità globale, tieni presente che qualcosa che ai tuoi occhi appare inaccettabile o fastidioso potrebbe comunque rispettare i nostri Standard della comunità”), lo standard della comunità di Facebook è simile a uno stato di polizia, basato sulla delazione anonima:  “[…]La nostra comunità globale è in continua crescita e noi ci impegniamo per offrire alle persone un ambiente privo di contenuti offensivi. Per farlo, ci affidiamo alle persone come te. Se vedi qualcosa su Facebook che, a tuo avviso, non rispetta le nostri[così nel testo in italiano, n.d.r.] condizioni, inviaci una segnalazione”.

E infatti: sono stato “escluso” da Facebook per la terza volta in meno di un anno per aver pubblicato una foto d’arte giudicata offensiva per gli standard della comunità.  Avessi postato la foto di un palestinese che ha appena accoltellato un civile israeliano a Gerusalemme, sarei stato portato a spalla dalla “comunità” di Facebook , un non luogo dove l’utente crede credere di essere il protagonista dell’estate, mentre in realtà è solo il consumatore in un sistema di puri pronti a epurare l’impuro secondo leggi discrezionali stabilite da chi il sistema stesso l’ha inventato.

2 Commenti

  1. Ma lasciate FaceBook. Cosa ci state a fare? Un sito dove una legge al di fuori della legge vuole legiferare ed imporre metodi e comportamenti? Ma scherziamo?! È un posto dove basta un nulla per scatenare fame, insultare, rivoltare, poi arrivano loro, quelli di faceBook ad imporre idee o regole? Basta uscite!!!

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