Sono giovani, vulcanici, al di fuori delle comuni leggi estetiche, del mercato, dell’urbanizzazione. Si chiamano Cesura, dalla frazione di un paesino in provincia di Piacenza dove vivevano e lavoravano già oltre dieci anni fa, e dove ora hanno messo radici. Cesura è un collettivo di fotografi indipendenti fondato da Arianna Arcara, Luca Santese e Andy Rocchelli, tragicamente scomparso in Ucraina nel 2014. Nel loro vecchio loft si respira un’aria internazionale, ma se metti un passo fuori trovi la Val Tidone dei contadini di una volta, i vecchi bar con l’aroma di caffè ma anche quello un po’ più pericoloso del Gutturnio e della Grappa.
In questo luogo ameno a un’ora da Milano hanno deciso di creare senza contaminarsi con la metropoli lombarda. Il loro attivismo è ammirevole e – termine che li farà inorridire – di successo. Sono un gruppo affiatato che non solo pratica fotoreportage di razza in tutto il mondo, soprattutto nelle zone di guerra, ma fa incetta di premi e cresce, per esempio nella direzione di produzione video e con la casa editrice con cui da soli, da bravi autarchici, stampano il loro lavoro. Sono più noti all’estero che in Italia, tuttavia sono quasi totemici per i fotografi italiani, che accettano di trasferirsi magari da Roma in un deserto pur di fare uno stage con loro. Ora da un’idea di Luca Santese, l’intellettuale del gruppo, è nata una mostra che apre i battenti a Palazzo Romei a Ferrara alle ore 12.00 di venerdì 23 settembre. Curata da Nicola Patruno e Andrea Sardo con la collaborazione del Comune di Ferrara, del Polo museale dell’Emilia Romagna e di Cesura, si intitola con uno scarto linguistico Cesure, ossia tagli, scissioni. Perché foto e video contemporanei in cui irrompe con violenza il presente – ad esempio – dei conflitti scatenati dalle primavere arabe, violano una cornice di serena classicità italiana. Palazzo Romei è pieno di marmi trecenteschi e rinascimentali, statue di Santi, Crocifissi, affreschi e soffitti a cassettoni.
Proprio come delle ferite in un passato glorioso, i Cesura portano in scena le miserie del nostro tempo. Nel cortile disseminato di stemmi autocelebrativi di Giovanni Romei, c’è la fotografia di una banconota con l’effige di Muammar Gheddafi cancellata con rabbia. Nella sala didattica si proietta il video “Ado”, ossia rumore, in cui va in scena il materiale video girato dagli stessi rivoltosi accanto alle foto del Collettivo Cesura. In un’altra sala, accanto a un affresco sontuoso attribuito al Bastianino in cui David sta per decapitare Golia, è esposta la foto di un miliziano dell’Isis catturato dalle milizie siriane. Il maestoso Salone d’onore, in cui si ammirano i Dottori della Chiesa, una Crocifissione e il ciclo del Giudizio Universale, è la cornice ideale per un contrasto che dice fin troppo del salto di qualità dal passato all’oggi: qui campeggia, tra le altre, una foto in cui fanno bella mostra di se decine di statuette di plastica degli oscar del cinema, tipico souvenir kitsch di Hollywood. C’è molto altro da vedere, vale la pena fare un salto a Ferrara. Dove le cesure di Palazzo Romei raccontano quanto il mondo sia cambiato, probabilmente non in meglio.