
Qualcuno ha scritto che François Jullien è diventato “l’etnologo del nostro universo concettuale”, tentando di scoprire il pensiero occidentale dal di fuori, dal punto di vista di un altrove che, nel suo caso, è la Cina. Filosofo e sinologo, Jullien si iscrive nel solco della scuola francese dei Levi-Strauss, dei Durkheim e dei Mauss, scegliendo la Cina come punto di osservazione privilegiato. Sono stati pubblicati molti suoi libri anche da noi, ma questo Entrare in un pensiero. Sui “possibili” dello spirito (a cura di M. Ghilardi, pp. 132, €14) ha un quid in più.
Sembra essere una summa delle sue ricerche in equilibrio tra oriente e occidente, tra l’astratto disquisire di matrice greca e gli sfuggenti “concetti” cinesi. Sfuggenti in primis per un problema linguistico. Se la filosofia indiana è più comprensibile è perché il sanscrito, la sua lingua dotta, è di matrice indo-europea, quindi per noi più facile afferrare i concetti.
Del pensiero cinese invece – antichissimo – si può dire che, se paragonato al nostro, di primo acchito non sembra neanche un pensiero. Innanzitutto la lingua: gli ideogrammi, gelosamente tramandati in quell’immenso paese, nascondono misteri, si esprimono per rimandi, suggestioni. Non c’è, nella cultura cinese, il nitore dell’idea, così come l’ha concepita Platone. Non c’è il sistematico ragionare di Aristotele alla base di tutto. Ci sono Lao-Tze e Confucio, con i loro pensieri evasivi nel primo caso, pragmatici nel secondo.
Oggi che il mondo si è ristretto e la Cina è vicina, negli scambi commerciali come negli influssi culturali, “dobbiamo costruire, come forma di resistenza, una geografia di questo Altrove”. Il che non significa chiudersi verso l’altro, bensì “esplorare e sfruttare le risorse per ogni intelligenza”. Così come in Cina è forte l’apertura verso la filosofia europea – la si studia con acribia nelle università – tale dev’essere la nostra, di apertura, verso quell’immenso bagaglio di saggezza: “per concepire una storia dell’accadere dello spirito che non dipende più solo dall’Europa”.