
«Da prima muoiono i nostri piaceri, e quindi le nostre speranze, e quindi i nostri timori; e quando tutto ciò è morto, la polvere chiama la polvere e noi anche moriamo». Il passo del romanzo del Vate descrive l’addio dei protagonisti presso il cimitero di Roma e avvia il lettore de “Il Piacere” verso l’epilogo dell’opera. A questo punto della lettura qualcosa annuncia che, se volevamo carne da latex, frusta e Bdsm, il libro acquistato prima di volare in vacanza non era quello giusto.
Eppure la copertina della nuova edizione da “Oscar” di Mondadori, la super-collana dei capolavori della letteratura mondiale, qualche speranza al lettore allupato vuole offrirla, eccome. Il mezzobusto di un ragazzo a petto nudo, sbarbato, munito di orecchino circolare a mo’ di pirata, tatuaggi in vista e rigorosamente bendato da una donna le cui dita smaltate stringono il drappo nero. La bocca semiaperta e la scritta “Il Piacere” sugli occhi completano quella che poteva essere la copertina del best-seller “ 50 sfumature di grigio”. L’operazione di marketing messa in atto dalla casa editrice di Segrate che cerca di spacciare il romanzo di D’ Annunzio come un libro “spinto” (lo era per l’epoca, ma di decenni ne sono passati un po’) non stupisce (“chi si scandalizza è sempre banale” scriveva Pasolini ) ma piuttosto demoralizza, avendo appiccicato un libro cardine della letteratura italiana a una tendenza da ultima onda della frustata bavosetta e del livido post-Harmony.
Oltre a questa operazione, Mondadori ha deciso di disfarsi tout court del nome del poeta, in modo tale da rendere la copertina più street e alternativa, osé e anche un po’ gay-friendly – poco “libertina” quanto omologata, di certo. Questo complesso di scelte editoriali potrebbe anche scandalizzare il lettore appassionato ma attira quello dell’ultima ora, magari in partenza verso i paradisi del rimorchio in discoteca, con il culto del pornosoft e della trilogia di “sfumature” by James. “Il Piacere” di Gabriele D’Annunzio quasi fosse un manuale “per piacere”. Ma fateci il piacere!
per capire il senso della copertina della nuova serie degli oscar non ci vuole molto; basta infatti girare il volume per scoprire che si tratta di un progetto Mondadori-IED in occasione del 50° degli oscar, in cui è stato chiesto agli studenti dell’università di design di ripensare le copertine per i 10 oscar di maggior successo della storia.
Anzichè atteggiarsi a pensatore di moda che inveisce contro la casa editrice con frasi vuote tipo “Mondadori ha deciso di disfarsi tout court del nome del poeta, in modo tale da rendere la copertina più street e alternativa, osé e anche un po’ gay-friendly”, sarebbe più interessante se Chinappi facesse davvero l’intellettuale dissidente criticando in maniera seria e pungente i giovani coetanei designer con appunti alla grafica, alla composizione e magari anche al background culturale che emerge da questo esperimento interessante in cui si è cercato di dare voce ai giovani.
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