Luca Ward, da camionista ad attore in un quarto d’ora

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Puoi raccontarci un episodio OFF che ti è successo durante la gavetta?

Intorno ai 20 anni facevo il camionista e una mattina, di ritorno da un viaggio intercontinentale con il TIR, ho deciso di andare a Piazza del Popolo a fare colazione e ho incontrato per caso Pino Locchi, la voce di Sean Connery, che andava a un turno a Via Margutta. Quando ha saputo che facevo il camionista mi ha detto: “Io sto andando a Via Margutta, ti aspetto lì fra un quarto d’ora, non esiste che tu faccia il camionista!”. Ci ho pensato un attimo, poi ci sono andato e non mi sono più staccato.

Hai debuttato in televisione a tre anni accanto a Paolo Stoppa…

Nel Demetrio Pianelli, quando ancora si facevano gli sceneggiati della RAI. Per noi bambini era un gioco, l’ho fatto per diversi anni. Il nostro mestiere è difficile, avevo visto anche in casa le sofferenze e le difficoltà dei miei genitori che erano attori, quindi francamente mi spaventava un po’… a un certo punto mollai e andai a fare altro.

Hai fatto cinema, tv, doppiaggio, radio…

Nel nostro mestiere puoi piacere all’uno e non all’altro, quello che facciamo è discutibile, mentre un pilota, o un avvocato, se è bravo lo è, punto!

Il mestiere di doppiatore in Italia è molto apprezzato, tramandato di padre in figlio, ci sono vere e proprie famiglie di doppiatori.

In passato era proprio così, oggi un po’ meno, per fortuna, così trasformiamo anche un po’ l’ambiente… Il doppiaggio ha una peculiarità fondamentale: lo devi saper fare, devi essere convincente, anche perché i nostri provini (voice test) vanno negli Stati Uniti, in Francia, in Inghilterra, in Australia, in Nuova Zelanda. Se un pochino in Italia si può ‘barare’ su alcune sfaccettature dell’attore, nel doppiaggio – come nel teatro – non si può.

Che consiglio ti senti di dare a un giovane che vuole cominciare la carriera del doppiatore?

La partenza è sempre il teatro, il doppiaggio è una specializzazione. Ci si deve specializzare nella tecnica della sincronia, per cui devi andare a sincrono su un attore che non sei tu, su una respirazione che non è la tua, però un attore ci arriva molto facilmente. Ai miei colleghi che fanno teatro, televisione, cinema consiglio sempre di doppiare altri attori, perché si prende sicurezza. Tanti miei colleghi hanno cominciato con me e oggi lavorano a pieno ritmo quando non sono sul set o sul palcoscenico. Gli attori possono rifugiarsi nel doppiaggio nei periodi di ‘fermo’ non solo per la sicurezza economica, ma anche perché è una palestra continua, perché bisogna capire come quel certo attore è arrivato a fare un determinato personaggio.

La voce è importante anche nella vita di tutti i giorni, specialmente con le donne… quante volte l’hai usata per sedurre una donna?

Mai, anche perché adesso io parlo italiano perché sto facendo un’intervista, di solito parlo in romanaccio! Non mi è mai capitato di usarla, non ho mai recitato poesie alle donne… diciamo che ho usato più la fisicità ‘de Ostia’!

C’è una cosa che ci accomuna, su cui scherziamo spesso sul set: siamo gli unici due attori ‘giovani’ che dicono apertamente di essere di destra, perché gli altri hanno paura di dirlo. Perché in Italia c’è questo pregiudizio nell’ambiente dello spettacolo?

Non lo so, forse perché qualcuno si è inventato che la cultura è di sinistra, non so chi sia e non mi interessa. Noi oltretutto apparteniamo a una destra liberale, bella, amante del suo Paese, europeista, non a quella destra facinorosa e xenofoba che a volte fa paura. Nel nostro ambiente, purtroppo, tutti quanti si posizionano dall’altra parte, perché forse fa comodo, perché comunque il cinema è in mano a loro, tutto quello che è spettacolo spesso è in mano a loro.

Invece nell’Arte non ci dovrebbe essere un colore politico, ogni attore, essendo un cittadino, può pensarla in qualunque modo, vota democraticamente per chi vuole. Quanti colleghi attori votano a destra da sempre e invece sembrano icone della sinistra?

Siamo lontanissimi dal ventennio, dal fascismo, un periodo ovviamente discutibile ma anche estremamente produttivo per il nostro Paese. Io non biasimo i nostri colleghi, se riescono a essere tranquilli con le loro coscienze. Noi attori dovremmo essere universalmente ‘di tutti’ e io mi ci sento. Sono amico, come te, di tanti colleghi che appartengono a un colore politico completamente diverso dal mio, ma per me l’affetto, l’amicizia, la stima vanno decisamente oltre il colore politico.

So che hai vinto un voice test a livello internazionale, questo dà il senso del nostro mestiere. La tv la facciamo, ma la qualità di certi prodotti cinematografici o teatrali non si trova altrove, ahimè…

Siamo ad altissimi livelli, i nostri reparti tecnici sono i migliori del mondo, abbiamo registi e sceneggiatori di grande qualità, purtroppo non si capisce bene perché facciamo un cinema che ha difficoltà, anche un po’ triste, gli attori sono sempre gli stessi… meno male che c’è Checco Zalone che porta a casa qualche soldo! Il film sarà quello che è, ma ben venga Zalone, tutti i giorni, magari!