Massimo Cacciari: “Con me nel mio Labirinto Filosofico…”

2

L'antiberlusconismo? Un antidoto del c...

Massimo Cacciari è sempre stato molto critico nei confronti della sua parte politica. Anche nei giorni scorsi, quando il sindaco di Milano Giuseppe Sala aveva minacciato di chiudere i Navigli se la gente avesse continuato ad assembrarsi per l’aperitivo, aveva ridimensionato la presunta gravità della situazione dicendo che il problema, per Milano in preda all’epidemia, era ben altro (Cacciari vive proprio sui Navigli). Non è un filosofo che le manda a dire e infatti in ben altra circostanza a noi di OFF aveva  detto senza mezzi termini che l’antiberlusconismo fu una boiata pazzesca (in realtà aveva usato un’espressione più colorita: leggere per credere). Vi proponiamo questo sua intervista cult, che il filosofo ci aveva rilasciato tempo fa in occasione della presentazione del suo  libro “Labirinto filosofico”. E’ passato un po’ di tempo da allora e molte cose sono cambiate, ma lo spirito critico di Massimo Cacciari, anche e soprattutto nei confronti della sua parte politica, non viene mai a mancare.(Redazione). 

È chiaro, una certa battaglia riformistica, io e altri della mia generazione l’abbiamo perduta” racconta Massimo Cacciari a ilgiornaleoff.it. Siamo al festival Pordenonelegge. La lezione magistrale di Cacciari verte sul suo ultimo libro, Labirinto filosofico (Adelphi, pp. 348, euro, 32.30), nel quale l’ex sindaco di Venezia rifà i conti con la tradizione del pensiero occidentale. Temi centrali: ontologia e linguaggio. Autori di riferimento le stelle fisse, i molti eretici e borderline dell’avventura filosofica europea scelti, citati, interpretati. Davanti al teatro Verdi centinaia di persone in fila aspettano la sua lezione e la politica attiva è lontana, lontanissima. Ma riguardo Matteo Renzi e la sinistra che in questo momento è al governo qualche considerazione Cacciari se la lascia scappare: “I discorsi che sento fare sono quelli che facevamo noi 25-30 anni fa. Speriamo che stavolta li realizzino, ma certo i propositi non sono cambiati”

Qual è stato l’elemento che ha congelato il riformismo in Italia?

E’ stato l’incartamento dei partiti della prima Repubblica, giunti ad una fase senile, sono stati gli errori clamorosi combinati dall’unico leader che poteva avere futuro, Bettino Craxi. Errori complementari e opposti a quelli dell’allora Partito Comunista, che hanno generato Berlusconi, e da lì, l’anti-berlusconismo.

Non starà dicendo che l’antiberlusconismo è stato il veleno della sinistra?

No, no. Il veleno è stato Berlusconi. L’antiberlusconismo è stato l’antidoto del cazzo! Berlusconi non doveva essere combattuto né con quello, né tanto meno coi compromessi sottobanco. E poi la Lega. Anche chi ragionava è stato preso tra l’incudine del centralismo romano e il martello dei secessionisti. Ogni riformismo, di destra o di sinistra, è stato battuto e ha passato la palla ai nuovi riformismi. Chissà cosa combineranno…

Non sembra entusiasta. Renzi ha lanciato molte parole d’ordine, da #cambiaverso a #labuonascuola. Non è che sta innovando solo con le parole, e con l’immagine, in una sorta di gioco linguistico alla ribollita?
Se l’innovazione è soltanto linguistica, durerà molto poco. È troppo presto per dare giudizi sull’operato del giovane Renzi. Ma non c’è niente di stupefacente nel fatto che esista la parola d’ordine, lo slogan, la frase. La parola in questa veste è sempre esistita. E poi ci sono i filosofi. La loro funzione è la critica. Il lavoro critico è l’unico lavoro che tutti dovrebbero riconoscere come proprio della filosofia.

LEGGI ANCHE: “Renzi e Obama. Ormai sono inutili”

Bene. Nel suo ultimo libro, però, ci sono prese di posizione molto precise sul linguaggio. Scrive e riscrive che il linguaggio non esaurisce la realtà. Che l’essere è più grande del parlare. Che, banalizzando, non basta la parola per cambiare la cosa.

È vero che il nostro pensiero si esprime linguisticamente, ma questo non significa che la dimensione linguistica esaurisca la potenza del pensare. Perché ci sono molte cose che non posso esprimere linguisticamente. I pensieri che riesco a dire hanno forma linguistica, ma ciò che riesco ad esprimere non è la totalità di ciò che riesco a pensare.

E a sua volta, anche l’essere eccede il pensare…

Certo. “Cogitatus ergo est non vale”. Una cosa non esiste davvero solo perché la pensiamo…

Da un po’ di tempo, con il fenomeno del “linguisticamente corretto” (una volta il totem era teologico, poi è diventato la filosofia della storia, ora il linguaggio e la scienza) c’è l’idea che si possa riformare la realtà attraverso delle puntualizzazioni linguistiche. “Non usare queste parole perché sono inappropriate, usa invece un’altra parola, ecc ecc”. Si può usare la leva del linguaggio per riformare la realtà?

La filosofia è cercare di chiarire l’etimo, il significato, l’uso delle parole che usiamo. Rendercene consapevoli. Questo lavoro di “igiene”, come lo chiamava Ludwig Wittgenstein, rimane fondamentale per la filosofia.

Sì, ma veniamo alla bieca attualità: se invece di dire “professoressa” dico “professora”, o se invece di dire “sindaco” dico “sindaca” – perché c’è gente che sostiene che si dovrebbe dire “professora” o “sindaca”, sto sostenendo la parità di genere oppure sto dicendo una solenne e pretenziosa stupidaggine?

Per me è una stupidaggine.

Ah..
Ma laddove spieghi invece il significato di termini come “riforma”, allora illustri in che senso si usa questo termine. O “rivoluzione”, o “popolo”, o “democrazia” o “potere”, e ti soffermi su queste parole contestualizzandole vedendole nella storia, vedendole nelle varie declinazioni, fai opera “igienica”.

Invece c’è un altro ramo della filosofia che è il cosiddetto nuovo realismo, di Maurizio Ferraris, che tende ad avere un atteggiamento molto vicino a quello delle verità delle scienze “dure”. Come se la filosofia fosse ancella della scienza. Cosa ne pensa?

Io contro questo nuovo realismo mi sono limitato a citare personaggini come Erwin Schrödinger, che già avevo frequentato in passato, per esempio nel mio primo Krisis. Non è assolutamente conoscenza della natura questo atteggiamento dei neorealisti. Il problema della grande scienza contemporanea, come della vera filosofia è il superamento del discorso soggetto-oggetto. Non c’è nessun soggetto né oggetto, c’è la relazione.

Per lei non si dà nessuna priorità della scienza sulle forme conoscitive “umanistiche”, quindi…

La logica è logica di relazione, e la logica di relazione è talmente potente che anche laddove è perfettamente consapevole di non poter mai determinare la cosa in sé, riesce a prevedere in termini probabilistici ecc. con assoluta precisione il caso. Loro, soggetto e oggetto, sono finiti. Non finiti nel senso che non ci sono più. Son finiti in sé, si devono aprire all’altro. E danno vita alla relazione.

Quindi chi riparte da questo dualismo soggetto-oggetto fa un’operazione regressiva?

Regressiva rispetto alla scienza contemporanea, alla grande scienza della natura, la fisica quantistica.

Veniamo un attimo al movimento del neo marxismo: Diego Fusaro è considerato…

Uff, Fusaro…

Insomma, dov’è che i neo marxisti come Fusaro sbagliano?

Sbagliano tutto perché l’idea di poter recuperare una soggettività rivoluzionaria fuori del sistema, la possibilità di scoprire soggettività alternative e moltitudini alternative fuori dal sistema, mi paiono leggermente utopistiche.

Un Marx, almeno in questo revival, decisamente troppo idealista?

Il Marx idealista è assolutamente come Hegel: ritiene che lo sviluppo del soggetto dell’intelletto contemporaneo abbia una tale potenza e risplende di una tale energia da poter giungere a una sorta di compimento della Storia. Qui funziona l’idea fichtiana dell’”io artista”, che secondo me Marx interpreta. L’intelletto umano sarebbe tanto potente da trasformare la Storia nella riproduzione della propria energia, l’espressione continua della sua creatività.

In un’intervista recente su Repubblica, ha detto che l’Occidente nega a se stesso che ci sia un elemento di violenza necessario nel discorso politico. Un Occidente “malato di nervi” che non riesce più a porsi in contrasto rispetto ad altre realtà politiche, ad altre potenze?

Discorso molto delicato. Certo che è proprio una civiltà che si ritira o tende a ritirarsi dall’uso della violenza è qualcosa di molto difficile da comprendere e da definire. Tuttavia è chiaro che questa nostra civiltà ha maturato inevitabilmente attraverso tragedie di ogni genere questa forma mentis. Respinge la violenza. È naturale che sia così. Il problema è uno, comprendere che la tecne politikè ha per forza al suo interno una tecne polemikè. Capire allora come questa tecne polemikè debba essere pensata e concepita alla luce appunto del fatto che l’Occidente una certa violenza per fortuna o per sfortuna non può più esprimerla, perché non ne ha la potenza. Qual è questa forza? Diciamo così, non più violenza ma forza, che l’Occidente può avere?

Ecco. L’Occidente deve combattere, come dice Giuliano Ferrara? O cos’altro?

Io ritengo che l’unica “kratos” [la personificazione della potenza nella mitologia greca n.d.r.] è che l’Occidente possa esprimere è la sua parola. Se la parola dell’Occidente è una parola di ospitalità, di riconoscimento dell’altro, di identità propria attraverso il riconoscimento dell’altro, di declinazione diversa dei diritti nel senso, recuperando l’idea di “progresso”, di lotta alle disuguaglianze che non ha niente a che vedere con l’ugualitarismo, se la cultura dell’Occidente presenta un’ offerta culturale e di parole e fatti, allora la sua può essere una forza.

Dobbiamo solo accogliere e pacificare?

Una forza diversa oggi l’Occidente non potrà esprimerla o se tenta di esprimerla sarà comunque debole rispetto a quella che altri possono esprimere nel mondo globale: i poteri imperiali ma anche i cosiddetti poteri terroristici.

Ma non si può aprire a tutti. Sembra una utopia riflessiva anche troppo tipica dell’ illuminismo. Con il rischio di perdere la propria identità. Ci sono forti indizi in questo senso: siamo appunto finiti, non di possiamo aprire all’infinito…

Non devi diventare altro da te, invece devi costruire la tua identità attraverso il riconoscimento e il rapporto con l’altro. Non è che ti perdi nell’altro, se ti perdi nell’altro questo è il discorso del tramonto dell’Occidente.

Appunto…

L’Occidente si perde perché non ha più una potenza individuante. Invece non deve essere così, assolutamente. La tua identità è a partire dai tuoi linguaggi, dalle tue storie e dalla tua cultura. Poi certo, la meticci, la modifichi. Questa è l’unica forza che l’Occidente può offrire oggi. I tentativi di offrirsi come forza imperiale hanno fatto la fine che hanno fatto negli ultimi vent’anni, dalla guerra del Golfo in poi: fallimenti totali. Ma passa attraverso delle pratiche, questo discorso: comunità europea, politica mediterranea, politiche commerciali, politiche di aiuti, e anche praticamente scegliendo i propri alleati.

E i nostri alleati sono ancora gli Usa, la Nato?

Ma lì non sono gli alleati, quelli sono i membri della famiglia e la famiglia non te la scegli né la molli mai. È la Terza Roma il tuo alleato, nella tua famiglia ci sono gli Stati Uniti. I tuoi alleati sono quelli che della tua famiglia finora non sono stati, il primo dei tuoi alleati è chiaro che è la Terza Roma. La Russia.

2 Commenti

  1. Ma Cicciolina si lavava e non aveva la barba! No, quest’individuo sinistrese, cane che abbaia e non morde, non mi è mai piaciuto.

  2. Per quanto riguarda il linguaggio politicamente corretto (io preferisco : linguaggio “educato secondo la sensibilità contemporanea”), a mio avviso una delle regole primarie è la seguente: tacere, fuori dai casi di necessità, l’età delle persone. Quando si deve far capire che il soggetto di cui si parla ha, ad esempio, ottant’anni piuttosto che cinque, lo si definisca “diversamente giovane”: il rispetto, infatti, è dovuto anche ai diversamente negri. Grazie per l’ospitalità e l’attenzione.

Comments are closed.