Spesso, l’intreccio tra realtà e letteratura è stato in grado di regalarci chiavi di lettura originali e in qualche caso illuminanti in merito a questioni attuali. Sì, perché uno scrittore che si cimenta in un’opera imperniata sulla fantapolitica si produce nel non semplice esercizio di rielaborare fatti realmente accaduti trasformandoli nella tavolozza di colori nei quali intingerà il pennello per dipingere i contorni della sua storia.
Nelle scorse settimane, sulle pagine del Giornale, sono stati pubblicati ampi stralci di Sottomissione, romanzo che ha destato scalpore perché uscito a ridosso della strage di matrice islamica che si è consumata a Parigi, nel quale lo scrittore transalpino Michel Heullebecq immagina una Francia che sventola bandiera bianca consentendo una sorta di “invasione dolce”, che vede l’ascesa dell’Islam al potere resa possibile da uno stato di apatia cronica da cui il popolo francese è irrimediabilmente afflitto.
Innumerevoli, soprattutto all’indomani del barbaro attentato alla redazione del settimanale satirico Charlie Hebdo, sono stati i paralleli giornalistici nei quali fiction e realtà sembravano fondersi; parimenti, dalle nostre parti, penne assai autorevoli hanno condannato la mancanza di autori italiani capaci d’impastare realtà e finzione, avventurandosi in terreni che non siano le storie d’amore di provincia. Osservazione condivisibile, ma solo in parte. Perché se è vero che negli ultimi anni la narrativa italiana non ha prodotto casi editoriali paragonabili a quello di Heullebecq, va osservato che un giovane autore italiano ha recentemente pubblicato un romanzo che, pur non rientrando nel giro delle grandi case editrici, nelle prossime settimane uscirà in inglese nelle librerie di mezzo mondo, effetto di un successo ottenuto grazie a una visione per certi aspetti chiarificatrice in merito a due questioni di primissimo piano nel nostro vivere quotidiano, cioè il terrorismo internazionale e il controllo a cui tutti noi siamo sottoposti attraverso i mezzi tecnologici che sono divenuti oramai irrinunciabili.
Il libro in questione s’intitola Il Predestinato (Youcanprint.it Edizioni, 16,00 euro, in tutte le librerie e scaricabile anche online, pp. 330), e l’autore è Alessandro Nardone, trentottenne giunto alla sua terza pubblicazione, che ci accompagna in una storia completamente ambientata negli Stati Uniti, che ha inizio l’11 settembre del 2001 a New York:
“Una volta varcata la soglia del portone, mi trovai proiettato in uno scenario surreale. Innanzitutto il silenzio. Già, perché nel bel mezzo di quello che sembrava possedere tutti i connotati dell’attacco terroristico più sconvolgente della storia moderna, ci si aspetterebbero urla e caos. Invece no. C’era una moltitudine di gente intenta ad allontanarsi il più possibile dalla zona degli attentati, avvolta da un silenzio che oserei definire irreale, quasi tombale, extraterreno”
racconta Alex Anderson, il protagonista che, nelle pagine successive, dopo essersi fatto brillantemente eleggere al Congresso, diventerà uno dei maggiori concorrenti per la corsa dei repubblicani al dopo Obama.
Nell’economia della storia (ri)scritta da Nardone, gli attentati alle Twin Towers sono l’inizio di tutto, oltre di quella che si configura come la Terza Guerra Mondiale, anche di misure che si riveleranno particolarmente restrittive per i fiancheggiatori dei terroristi islamici, ma anche e soprattutto per noi. Qual è il confine tra libertà personale e sicurezza nazionale? Questa è la domanda che si pone il protagonista, in un infittirsi di colpi di scena articolati sugli intrighi intestini di Cia ed Fbi, e attorno al disegno di quelli che conosciamo come poteri forti, le eminenze grigie che muovono le leve del potere e che, nella storia de Il Predestinato, si identificano in “Skull and Bones”, la società segreta più famosa al mondo, di cui fanno parte personaggi di primo piano come i Bush per i repubblicani, ma anche John Kerry per i democratici e il nostro Alex Anderson, appunto.
Da qui, giacché considerato espressione di quel potere oppressivo che ha sottoposto l’umanità intera a una sorta di Grande Fratello d’ispirazione orwelliana, il protagonista viene preso di mira da Chuck Dillinger, un ex agente della Cia assurto agli onori delle cronache per aver divulgato centinaia di documenti top secret che, essendo riuscito a fare proseliti anche in diversi ambienti della stessa intelligence americana, tenta di mettere in atto il suo disegno eversivo:
“È giunto il momento del giudizio universale, quello in cui ognuno di noi dovrà fare i conti innanzitutto con se stesso, e decidere se andare avanti a vivere una vita di fatica e privazioni oppure spezzare le catene e ribellarsi ad un sistema incardinato sul controllo e la menzogna. Già, il controllo. Lo strumento più antico e longevo atto a conservare il potere. Oggi sanno tutto di voi. Dove andate, quanto spendete, cosa mangiate, quello che dite. Il controllo è totale! Ed è esattamente quella merda di cui vi parlavo all’inizio: telefonini, computer, social network, carte di credito, tutti strumenti architettati con l’unico scopo di creare un’immensa banca dati attraverso la quale sapere tutto di tutti. Ve li hanno propinati, e voi non vi siete limitati ad accettarli di buon grado, no, ne siete diventati addirittura dipendenti. Esattamente come un tossicodipendente in crisi d’astinenza: è consapevole che la droga finirà con l’ucciderlo, ma non può fare a meno di sniffarla o di spararsela in vena. È più forte di lui. E poi, la menzogna, la cui grandezza è direttamente proporzionale alla probabilità che voi vi crediate. Ebbene signori, nulla, e dico nulla di ciò che vi propinano governo e mezzi d’informazione è più lontano dalla realtà. Potete prendere la storia dell’ultimo secolo, appallottolarla e gettarla dalla finestra, e sapete perché? È tutta una grande, immensa, smisurata, colossale balla! Ecco perché! Guerre, attentati, crisi economiche, la lotta per la libertà. Tutte stronzate. Dietro ad ognuna di quelle azioni si nasconde un fine. Niente ideali comuni, niente sicurezza nazionale, niente giustizia, niente democrazia. Niente di niente! Ma solo e unicamente interessi, interessi, interessi! Insomma, più che averla fatta, possiamo affermare a ragion veduta che gli Stati Uniti l’hanno inventata, la storia...”
dice nel suo messaggio a reti unificate, lanciando il suo guanto di sfida al Presidente Obama.
Uno dei grandi meriti che vanno sicuramente riconosciuti a Nardone, è la sapienza con cui è riuscito a miscelare argomenti certamente impegnativi come quelli che abbiamo appena citato con un ritmo serratissimo, dosi massicce di suspense e perfino una storia d’amore, grazie al suo personale stile di scrittura, che è semplice ma non per questo banale, in grado di stabilire sin dalle prime righe grande empatia tra il lettore e i personaggi principali, cattivi compresi. Insomma, un romanzo fantapolitico finalmente italiano, capace di rivolgersi a un pubblico eterogeneo, al quale lancia spunti di riflessione tremendamente (e tristemente) attuali; non è un caso, infatti, che Magdi Cristiano Allam non abbia esitato a definirlo «una riflessione sul tema fondamentale della Libertà».
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