Il rock può condurre direttamente all’inferno, ma anche far risorgere. Storie di demoni e di angeli, di musica rabbiosa in cui perdersi e poi ritrovarsi. Stefano Rampoldi, in arte Edda, cantautore milanese di 51 anni, ha fatto il suo percorso. Negli anni ’90 è stato il frontman dei Ritmo Tribale, band di grande successo, che l’ha portato a calcare palchi importanti, ma che gli ha anche spalancato le porte di un mondo buio. Nel 2008, dopo dodici anni di silenzio, è tornato sulle scene proponendo un rock viscerale e graffiante. Il suo ultimo disco si intitola “Stavolta come mi ammazzerai?” ed è una gemma preziosa del rock alternativo.
«Porto con me i fantasmi della droga e dello smarrimento da eroina – racconta Edda – buchi neri che non ho mai nascosto. È stata proprio la musica ad abbandonarmi in quel tunnel da cui fortunatamente sono uscito dopo un preciso percorso. La musica mi ha fatto toccare il fondo e adesso, invece, mi consente di iniziare di nuovo a respirare. È strana la vita. So perfettamente che tornare a fare rock a cinquant’anni può sembrare assurdo, ma la mia è un’esigenza personale, non me ne frega nulla del mercato della musica».
L’ultimo album, acclamato da pubblico e critica, affronta la famiglia, in tutti i suoi aspetti.
«Penso sia un tema interessante – continua il cantautore – Nasciamo e cresciamo in mezzo a drammi, epopee, situazioni che viste da fuori sembrano normali, ma che in realtà non lo sono. Ho voluto confrontarmi con il mio nucleo famigliare, con il mio passato, toccando punti in cui tutti possono riconoscersi. Affrontare qualche cosa di mio, forse, era l’unico modo per abbandonare il lavoro e rimettermi a suonare».
È stata un’esigenza quella di tornare sulle scene. «Il mio ultimo disco risale a più di due anni fa – racconta – ho mollato il lavoro e mi sono messo a comporre nuove canzoni, a farmi delle domande. Non so se sia stata una scelta intelligente, ma sì, era necessario. Non volevo risvegliarmi fra quindici anni, magari in pensione, senza aver realizzato un qualche cosa che sentivo di dover fare». E le risposte ai propri quesiti interiori? «Alcune le ho trovate – conclude – un esempio? Ho fatto bene a non creare una famiglia, sarebbe stato l’ennesimo errore della mia vita. Penso che mettere al mondo un figlio in questa società sia molto pericoloso. La vita vera è altrove, magari dopo questa. Anche la religione è un nuovo tassello di questa mia rinascita».