Franco Branciaroli: Luca Ronconi, io e gli ulivi…

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Franco BranciaroliD: Quando è scoccata l’attrazione per il teatro?

R: Non è mai scoccata. Ho fatto la scuola del Piccolo perché dava la possibilità del rinvio universitario per evitare il servizio militare. Allora era obbligatorio. Io ho abbandonata l’Università e volevo avere i privilegi che avevano i miei amici che la frequentavano. Ho iniziato a fare teatro per evitare il servizio di leva. A Torino, la figlia del calciatore Ossola, che faceva l’attrice, mi raccontava di una scuola, poi si offre di prepararmi e fui preso. Una volta lì dentro mi appassionai. Io non ero mai andato a teatro.

D: Sei stato subito un giovane “prodige” del teatro italiano.

R: Era un tempo in cui in teatro comandavano i registi. Era un teatro finanziato e si faceva il cosidetto Teatro d’Arte. Ai grandi registi gli attori famosi davano fastidio e quindi nacque una generazione di giovani attori: io, Lavia, e gli altri. I registi prendevano i giovani e gli davano parti enormi.

D: Chi fu il primo?

R: Patrice Chereau. Poi venne Aldo Trionfo.

D: Dimenticato…

R: Di Trionfo non se ne parla mai perché era talmente ricco che non aveva bisogno di leccare i piedi a nessuno. I teatri lui se li comprava. A Roma affittò un bar! Non aveva bisogno di pubbliche relazioni. È stato punito. Non viene citato mai. Ha fatto spettacoli meravigliosi. Mi fa piacere ricordarlo.

D: Tutto quello che oggi viene definito “innovativo” lui lo aveva fatto quarant’anni prima.

R: Lui mi diceva: ” se vuoi avere successo fai le cose quarant’anni prima”.

D: Poi sodalizio artistico con il drammaturgo Giovanni Testori, sei la sua voce incarnata, il suo attore ideale. Prenderai il timone della sua Compagnia Gli Incamminati. Nel vostro In Exitu a Firenze, vi fu una contestazione da parte di alcuni spettatori in stile futurista: insulti, grida, acclamazioni.

R: Qualcuno ha definito recentemente la scrittura di Testori “aberrante”. L’ho letto su Repubblica, l’intervista condotta da Gnoli a un signore, credo, cubano. Sottolinea questo signore che Testori era cattolico integralista. Integralista rispetto a che? Era omosessuale ma non esibizionista, non compiaciuto, era cattolico e non era “de sinistra”. Era di sinistra ma non apparteneva alla Sinistra. Non andava bene. Uno come lui non ha mai avuto un teatro stabile. Se tu pensi a chi è stato dato in mano il teatro stabile, a chi è in mano. Come critico d’arte nessun incarico pubblico. Un teatro stabile lo dai al regista di serie B e non lo dai al più importante drammaturgo italiano come Testori? Non era appoggiato da nessuno. E il bello è che lui se ne vantava. Nel suo immaginario io ero il suo attore per i suoi personaggi. Poi lui mi affida la sua Compagnia. Ed eccoci qua.

D: Sempre con Trionfo hai recitato con Wanda Osiris!

R: In Nerone è morto Wanda Osiris era un mito assieme a Fausto Coppi e Benito Mussolini. Era una donna molto superstiziosa, ma molto generosa. È diventata quasi povera per questa sua generosità. Era più ricca la sua sarta di lei. Alla prima c’erano tutti i suoi ex/boys: uno su tutti, Alberto Sordi. Ma c’erano tutti.

D: Era un tempo in cui una prima teatrale era un fatto. C’era un mondo. Oggi?

R: Non c’è più. E con la morte di Luca Ronconi se ne va l’ultimo rappresentante di un’epoca.

D: Eri in scena assieme a Carmelo Bene. Un racconto fuori dalle scene?

R: (ride) Ero un fratello minore. Lo spettacolo era a due, il Faust di Marlowe. Dovevo seguirlo. Ero ingrassato. Si andava a dormire alle cinque di mattina e ci si svegliava alle cinque di pomeriggio. Questo per due anni, ti puoi immaginare. Era un gentiluomo del Sud, non corrispondeva assolutamente al personaggio pubblico. Non sono mai riuscito a pagare una cena, offriva sempre lui. Sono stato ospite in Puglia dai suoi genitori. Era una persona dolce, caritatevole. Il personaggio Carmelo Bene per lui era un affare.

D: Girovagando tutto l’anno, qual è la tua città?

R: Milano. Io sono nato a Milano. Sono lombardo. Pur avendo vissuto quarant’anni a Torino, io dentro sono milanese.

D: Il teatro di prosa è soprattutto voce e parola. Franco Cordelli sul Corriere recentemente denunciava il “teatro della biascica”

R: Bisogna stare attenti a quello che scrivono i critici. Una volta scrivono della biascica, un’altra volta sono tutti contro la parola. Io ho letto:” Questa attrice non va perché recita bene”. Diciamo che insieme al resto se ne sono andati anche i critici.

D: E il microfono?

R: C’è un pezzo di Mamet che spiega perché il microfono a teatro non va usato.

D: Perché?

R: perché il microfono è privo di energia. Col microfono non fai il teatro, fai la radio. Ma il pubblico è abituato così. C’è una sordità sociale e molti li preferiscono. La cosa grave oggi è la recitazione. Si pensa che si debba fare come nella vita. Non è così. La recitazione è artificio non naturalezza.

D: Un ricordo di Ronconi come amico?

R: La sua casa in Umbria. Quella casa, l’abbiamo costruita assieme quando facevamo il Laboratorio di Prato (1979-81). Lui diceva:” andiamo da me”. Non c’era la luce elettrica. Tutto a candele. Fango ovunque. Si doveva mettere a posto questo casale dove sulla cartina non c’era neppure un pollo! Lui, Luca, era un botanico. Ronconi oltre ad essere il più grande regista del mondo che tutti conoscono, era un grande botanico. E io l’aiutavo a piantare gli alberi. Io e Giancarlino Prati, un attore che poi in altre circostanze hanno assassinato. Piantavamo ulivi.

D: Veniamo alla pazzia per Pirandello. Le parole dicevamo cambiano di segno. Oggi “sei pazzo” è sinonimo di simpatica stravaganza. Come si resiste all’evaporazione delle parole?

R: Il mio personaggio si finge pazzo. È come Amleto. Lui è stato pazzo ora non più. Recita la pazzia, questo è il bello.

D: Cosa ti piace di più del personaggio di Enrico IV?

R: La spietatezza. Non ha un nome. E chi è? È nessuno? Potrebbe essere tutti. Ognuno si può specchiare.

D: Come si deve fare Pirandello?

R: Senza pirandellismi. Per farlo bene non devi limitarti al gioco del teatro. Devi essere davvero un imperatore.

D: Ancora un pensiero su Ronconi. Cosa ti mancherà di più di lui?

R: L’intelligenza. Faceva finta di balbettare in realtà parlava benissimo. Mi disse una volta preoccupato: ” Tu più che un attore, sei un artista.” Preoccupò anche me. Ronconi ha innovato lo spazio in teatro. Con la sua scomparsa scompare il rigore. Il teatro per lui non era passatempo. La sua pretesa era sempre molto alta.