L’autobiografia ormonale di Filippo Facci

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Filippo Facci

Ho conosciuto Filippo Facci a un festival del giornalismo di qualche anno fa e mi ha parlato per un’ora e mezza della sigaretta elettronica. E’ molto preparato sull’argomento. Poi non l’ho mai più visto, ma leggendo il suo nuovo libro Uomini che amano troppo (Rizzoli, 216 pp. 17 euro) ho capito che Filippo Facci è un giornalista completo: conosce anche l’animo femminile. La fenomenologia delle sue manifestazioni. Le varie tecniche di depilazione delle zone intime.

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Filippo Facci, Uomini che amano troppo, Rizzoli 2014

Il libro si apre con “la teoria della botola”, della quale ero già a conoscenza: le speculazioni erotiche circolano veloci nei bar di Milano. Questa teoria rappresenta il massimo punto di idealità del rapporto tra uomo e donna. La categoria platonica di riferimento dell’unione ben riuscita, “il migliore dei mondi possibili”. In questo mondo, con una donna in camera da letto, a quattro quinti dell’orgasmo, si apre una botola che conduce la partner su di un taxi, munita dei suoi vestiti, di una sigaretta vera (non elettronica) e di un panino al salame, verso la propria casa. E addio. Non importa se il coito non è stato concluso. Quell’unione resterà in eterno un atto privo di conseguenze.

E’ una teoria difficile da digerire per una donna, però lascia ampio spazio e immaginativa a tutto quello che c’è prima di finire a letto con un uomo. Lei che si vuole fermare a cena finita, quando tutti gli altri se ne vanno; lui che le propina qualche noiosa analisi su Schönberg o sulla finta intelligenza di Wagner. A dirla tutta se esistesse la botola non ci sarebbe il resto del libro, ovvero la realtà: dialoghi amorosi post-coitum tra un lui – che è sempre lui, Facci – e una lei – che è sempre intelligente o almeno piacevole e vanesia.

Dal titolo Uomini che amano troppo che riprende Donne che amano troppo, classicone per donne ferite che tutte noi teniamo da qualche parte in casa e compulsiamo in base a quanto stiamo depresse, mi aspettavo una storia ormonale, misogina, quantitativa, anaffettiva e sprezzante dei rapporti con la femmina. E’ andata diversamente. Arrivata alla fine del libro ero esausta perché ho trovato troppo amore, in termini di quantità e qualità. Sotto forma di bestiario curioso, analitico, che mette in luce il tentativo di capire l’altra.

E tanti sono i fenotipi di amori veri coinvolti: brevi ma veri, stupidi ma veri, adulteri ma veri, ipotetici ma veri. E sì: c’è un po’ di misoginia da bar, fastidiosa ma non troppo. I dialoghi di coppia sono divertenti: ci si chiede quale sarà il futuro dell’amore dopo l’orgasmo, ma non si dimentica mai che ci sono dei calzini da recuperare (sempre introvabili), un prossimo appuntamento da definire, un accordo da prendere. Fuori dal letto c’è il SECOLO – ragazzi – e le mogli e i mariti traditi ecc.

Ci sono personaggi che vorremmo quasi conoscere: un certo etologo dalle mille teorie, per dire. Dei monologhi sull’amore adolescente da condividere. Delle teorie matematiche sull’amore impegnato intimo e passionale. Ci sono domande a cui non sappiamo rispondere “perché l’uomo ha i capezzoli”? Avrò voglia di eccitarmi anche dopo la menopausa? Il tipo con cui sono stata giovedì scorso avrà preso il viagra? Le autoreggenti mi fanno le gambe a salsicciotto?
Ci sono perfino definizioni che immortalano il nostro tempo: “una stagista tardona”.
Quindi pop corn e tè bancha, storia ormonale di Facci a 17 euro, tuta mestruale e vi passa la serata: a maschi e a femmine.