San Berillo: spettri della Catania proibita

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Il docufilm di Edoardo Morabito sulla storia del quartiere della prostituzione catanese.

di Pierpaolo De Mejo

“Non esistono città felici e città infelici, ma città che continuano attraverso gli anni e le mutazioni a dare la loro forma ai desideri, e quelle in cui i desideri o riescono a cancellare la città, o ne sono cancellati” scriveva Calvino ne “Le città invisibili”. E proprio invisibile e popolato di spettri di ieri e di oggi è il luogo narrato nel documentario “I fantasmi di San Berillo”, opera prima del regista Edoardo Morabito, ex-allievo del CSC di Roma. L’opera, prodotta da Lemur Films, ripercorre la storia del noto quartiere popolare di Catania. Raso al suolo nel 1958 per effetto della legge Merlin, che con trentamila deportati in periferia risulta il più grosso sventramento del dopoguerra, ne rimane in piedi appena un pezzetto che dà vita a uno dei quartieri a luci rosse più importanti del Mediterraneo. Ma non è finita qui. Nel 2000 un blitz delle forze armate mette fine al quartiere proibito, e ancora una volta gli abitanti di San Berillo sono costretti ad abbandonare le loro case.

Morabito cattura l’essenza di questa storia e ce la trasmette attraverso gli occhi di Holly e di altre prostitute, sospese in questo paradosso temporale e urbanistico: affacciate dalle porte finestre sulle vie desolate e deserte, attendono quei pochi affezionati clienti che ancora le vanno a trovare. Tutte vogliono andarsene, ma non ci riescono. Ed ecco che tra loro si fa strada un altro fantasma, quello della scrittrice Goliarda Sapienza (la voce narrante di Donatella Finocchiaro) che ritorna tra i vicoli in cui è cresciuta. Ci fa ascoltare le pietre, le insegne residue delle vecchie attività dismesse da decenni e ancora aggrappate ai cornicioni delle porte spesso murate, ci presenta altri personaggi: Franco, ottantenne che vive tra le macerie coi ricordi di quando, adolescente, puliva i letti delle prostitute; Vincenzo, abbandonato da moglie e figli, deportato nel quartiere impersonale costruito appositamente per i vecchi abitanti del centro storico. Sono storie del sottosuolo, personaggi dai volti segnati come le pareti scrostate del quartiere.

Quattro anni per arrivare alla distribuzione in sala testimoniano il rischio effettivo che l’opera, per far fede al titolo, rimanesse un ectoplasma pronto ad attraversare inosservato il mercato italiano. Il documentario, vincitore del premio come miglior film della sezione Italiana.doc del 31° Torino Film Festival, verrà proiettato dal 27 febbraio presso il Nuovo Cinema Aquila di Roma.