Maria Cristiana Fioretti (1966), artista multimediale di origini marchigiane che vive e lavora tra Milano e Mentone dove dipinge en plein air accarezzata dalla luce del Mediterraneo. A Milano dal 2001 è docente di Cromatologia all’Accademia di Belle Arti di Brera, ma per dipingere luminosi passaggi “atmosferici” torna nel suo giardino in Costa Azzurra, dove l’aria diventa pittura.
Vivi a Milano ma dipingi en plein air nel tuo giardino a Mentone, perché?
Dipingo nel mio giardino perché amo stare a contatto con la natura, scalza sull’erba e irradiata dalla luce del Sud della Francia. Osservo dall’alto il paesaggio marino che ho difronte. Dipingo usando molta acqua colorata, stare sul prato è pratico anche per l’aspetto tecnico, soprattutto quando rovescio l’acqua sui fogli di carta. Mi immergo totalmente anche con il mio corpo nella pittura. Sono un tutt’uno con la natura, la luce ed i colori.
Come incide l’osservazione dei colori e la luce della Costa Azzurra nel tuo lavoro?
E’ fondamentale, dipingo solo di giorno. I colori sono saturi e la mia tavolozza cromatica è composta da questi colori. In particolare, sono colori puri e complementari, quelli che si osservano in natura, dove mi incanto nell’osservare la mutevolezza delle caratteristiche cromatiche e luminose del cielo, del mare che vivo e osservo in diverse stagioni dell’anno.
Insegni Cromatologia all’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano, dove vivi e lavori una parte dell’anno, mentre in estate ti trasferisci a Mentone, per te la pittura è forma e colore decorativa?
La Cromatologia è la scienza che studia la mescolanza dei pigmenti. Dal punto di vista didattico sono molto attenta all’approfondimento della ricerca delle tinte e dello studio della sintesi sottrattiva. Ritengo fondamentale il laboratorio pratico con l’esperienza dei diversi contrasti di colori, volta ad approfondire anche tutti gli altri aspetti del colore, in particolare quello fisico. Il colore rimane sempre un’esperienza soggettiva. Il colore è un’opera aperta, direbbe Umberto Eco. Per quanto mi riguarda è anche una variabile in continua trasformazione, una valenza emozionale che si associa al senso del movimento, applicabile a molteplici categorie in relazione all’ambiente. Non intendo la pittura come forma e colore decorativa ma emozionale.
Come nascono le tue opere per lo più astratte-liriche?
I miei colori tendono a smaterializzare lo spazio in una atmosfera impalpabile, definiscono aree metaforiche in cui lo sguardo può perdersi in un ‘azzurritudine’ che modella le sensazioni e le emozioni. Dipingo lo spazio con opere in bilico tra luce e buio, pieno e vuoto, cromie e sfumature che plasmano orizzonti sensoriali e campi cromatici da respirare oltre che da vedere. Attraverso il colore indago le possibilità di creazione di campi cromatici differenti in cui le sfumature e le tonalità visualizzano il processo di formazione delle immagini che interagiscono tra loro e con l’ambiente circostante.
Dal 2010 oltre alla pittura hai inserito anche la luce artificiale, cosa ti ha portato ad altri media?
Il mio fare è strettamente legato al mio nomadismo fisico e sensoriale. Tra questo c’è anche la curiosità della sperimentazione di differenti materiali, tecniche e tecnologie. Mi interessa molto il connubio di pittura e tecnologia. Nel 2010 è nata la serie LIGHTNESS, tecnica mista su acetato e tecnologia LEC – Light Emitting Capacitor, passando dal dipinto a muro all’installazione multimediale, esploro le dimensioni espressive del colore per coinvolgere lo spettatore in paesaggi plurisensoriali.
Quali sono state le installazioni ambientali che ti hanno maggiormente soddisfatta e perché?
Light Abstr-Action alla casa dell’energia a MILANO nel 2010. Sensorial Space a Palazzo BEMBO, evento collaterale della 55° Biennale di VENEZIA nel 2013 e Amniotic Fluid Space all’Acquario Civico di MILANO nel 2020, H2ORIZON a la Galerie d’Art Contemporaine a MENTONE nel 2023.
L’anno scorso hai dipinto “live”su commissione delle Cartiere Miliani Fabriano Green Shadows, cinque grandi opere su carta all’esterno dell’atelier dell’azienda con colori ecologici all’acqua, ci racconti questa esperienza?
Un progetto in collaborazione con le Cartiere Miliani di FABRIANO, fondate nel 1872 e la Ditta CRESPI dal 1880 a MILANO a cura di Massimo Morlacchi. Green Shadows per la tematica ecologica dal supporto della carta, ai colori composti da pigmenti naturali alle verdi sfumature del paesaggio. Una esperienza poetica in sintonia con la natura.
Sei marchigiana, nata a Cingoli, cosa ha rappresentato per te dipingere a Fabriano, dove è nata la carta nel 1265?
Dipingere opere en plein air, nell’atelier delle Cartiere a Fabriano, per quasi una settimana, cogliendo giorno dopo giorno, accarezzata dalla brezza e dalla luce intensiva estiva, ombre, paesaggi e presagi di una sospirata armonia tra uomo e natura, è stato ancora più emozionante perché nella mia terra nativa.
Dal 2020 sono comparse le meduse sulle tue tele monocrome e hai utilizzato colori fosforescenti, cosa ti ha portato al tema del mare?
In questo periodo, il mio punto di vista dell’osservazione del paesaggio è cambiato. La linea di orizzonte non è stata più la terra ma la dimensione sottomarina, subacquea. Ho osservato la natura immergendomi nel mare e le meduse, abitanti dei fondi marini, mi hanno affascinata per la loro sinuosità e trasparenza. Ho così ideato delle opere per la mostra – Il colore dell’acqua – tenuta all’Acquario e Civica Stazione Idrobiologica a Milano.
Nel 2024 per la prima volta hai esportato le tue opere alla Fiera di arte contemporanea a Miami, com’è andata?
Sono state scelte le opere astratte del ciclo – Dream in box – realizzate su tela con tecnica mista, caratterizzata da forti contrasti cromatici che dividono gli spazi tra aria, terra e acqua. E’ stata un’esperienza ed un confronto molto interessante. L’apertura al mercato americano e l’apprezzamento del pubblico della Florida mi gratifica molto anche perché per vent’ anni ho vissuto in questo luogo per lunghi periodi all’anno. Le opere esposte a Miami infatti si ispirano ai colori intensi dei tramonti delle isole Keys, anche in questo caso l’immersione nella natura è determinante nel mio lavoro.
Come si insegna a dipingere ai nativi digitali?
Alla vecchia maniera: colori, pennelli, acqua e carta. Proprio perché i giovani sono molto tecnologici, amano trovare le tonalità mescolando i pigmenti e toccare dal vivo i colori.
Che materiali utilizzi nei tuoi dipinti d’impatto luminescente?
Per le opere pittoriche oltre ai pigmenti di diverse tipologie, per lo più sostenibili, utilizzo vari supporti dalla carta, al legno, alle plastiche e materiali di recupero. Per le opere luminose e installazioni, uso diverse tecnologie e materiali luminosi e sonori.
Che rapporto hai con tuo unico figlio maschio?
E’ la mia migliore opera, lo ammiro e ne vado fiera. E’ un ragazzo molto intelligente e mi piace molto parlare con lui. Sono una madre forse ingombrante, ma faccio del mio meglio per educare e trasmettere certi valori fondamentali per costruire il suo futuro.
Ti consideri una paesaggista, perché?
Si il mio tema è il paesaggio. Mi immergo ed ascolto la natura nella sua luce che osservo da differenti punti di vista.
Tra le donne artiste del passato chi avresti voluto essere e perché?
Tamara de Lempicka perché ha vissuto nel periodo dell’Art Déco, icona degli sfavillanti e sfrenati lussi degli anni Venti a Parigi. Le sue opere sono apprezzate per la loro modernità ed eleganza e non è raro vederle utilizzate in contesti differenti.
Per produrre arte bisogna soffrire, essere innamorati, felici ?
L’arte è un sentimento, è come l’ossigeno. Non sono gli stati d’animo che ti stimolano, ma il sentimento. O ce l’hai o non ce l’hai.
A quale opera stai lavorando?
Sono in fase di progettazione per una nuova opera installativa ambientale realizzata con suoni, proiezioni, materiali trasparenti e vetro, incentrato sul movimento dei raggi di luci colorati di forte impatto scenografico, ideata per un porto che riproduce i riflessi dell’ondeggiare del mare e delle barche colorate.