In scena “Ezra in gabbia o il caso Ezra Pound”

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Ph Pino La Pera

E’ in scena al Teatro Grassi di Milano, fino al 23 febbraio, una potente pièce teatrale scritta e diretta da Leonardo Petrillo, liberamente tratta dagli scritti e dalle dichiarazioni di Ezra Pound.

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Il 3 maggio 1945, Ezra Pound, straordinario poeta del Novecento, fu arrestato dagli americani con l’accusa di alto tradimento mentre si trovava nella sua casa di Rapallo, intento a tradurre Confucio. Venne recluso in condizioni disumane nel campo di prigionia americano di Coltano, vicino a Pisa: rinchiuso in una gabbia di metallo a cielo aperto, sotto il sole cocente di giorno e i fari accesi di notte, con cibo e riparo minimi. Dopo tre settimane, fu trasferito negli Stati Uniti e rinchiuso nel manicomio criminale di Saint Elizabeth, dove trascorse tredici anni, il primo dei quali in totale isolamento. Non ci fu alcun processo. Pagò a caro prezzo le sue trasmissioni radiofoniche a favore del regime fascista, e fu dichiarato pazzo. Un silenzio profondo segnò gli anni successivi della sua vita, fino al suo ritorno in Italia.

Fino al 23 febbraio “Ezra in gabbia o il caso Ezra Pound” è lo spettacolo in cui Mariano Rigillo interpreta il poeta con una straordinaria somiglianza fisica, affiancato da Anna Teresa Rossini. Le loro performance intense danno voce a versi celebri come “Strappa da te la vanità. Ti dico strappala”. La scenografia essenziale, dominata da un’imponente gabbia metallica, simboleggia sia la prigionia fisica che quella ideologica cui Pound fu sottoposto.

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I “Cantos”, opera monumentale ispirata alla Divina Commedia, rappresentano un vertice della poesia moderna. “Poesie di un pazzo?” si chiedeva Eugenio Montale. “Nemmeno per sogno.”

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Lo spettacolo, con una durata di 100 minuti senza intervallo, pone una domanda al pubblico: Pound era colpevole o innocente? Meritava la sua prigionia o la sua libertà? In scena, Rigillo si rivolge direttamente agli spettatori, invocando quel processo che il poeta non ebbe mai.

Un celebre scatto di Richard Avedon ritrae Pound nel 1958, poco prima della sua partenza per l’Italia: un uomo in piedi, con la camicia aperta e i pantaloni tenuti su da un laccio, con un urlo congelato nell’immagine. Quel grido di dolore e di rabbia sembra risuonare ancora oggi, attraverso le parole e la poesia di Pound, che scelse di trascorrere gli ultimi anni della sua vita in Italia, morendo a Venezia nel 1972.

Lo spettacolo si chiude con i versi dei “Cantos pisani”, recitati da Anna Teresa Rossini: “Quello che veramente ami rimane / Quello che veramente ami non ti sarà strappato / Quello che veramente ami è la tua vera eredità. Il resto è scorie”. Applausi fragorosi accompagnano il finale, mentre in sottofondo risuona un brano di Bob Dylan, premio Nobel per la letteratura. Pound, invece, il Nobel non lo ebbe mai, ma come ricorda Rigillo a fine spettacolo: “Portate con voi l’idea che Ezra Pound è stato un grande poeta”.