“L’orMa” di Lorenzo Mariani, quando il bianco è una questione di stile

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L'orMa_Selfie_2022_115x160x28cm_scultura in carta e impianto elettronico 2

Lorenzo Mariani, alias L’orMa, nato nel 1985 a Milano, dove vive e lavora in un open space abitato dal verde in zona Ripamonti, vicino alla fondazione Prada, qui l’abbiamo stanato e intervistato. Non si definisce “artista”, parola che secondo lui crea un’etichetta piena di clichè e pregiudizi. Di se stesso dichiara: “penso di essere caratterialmente e creativamente anche molto diverso dalla maggior parte dei miei colleghi. Sono infatti molto pragmatico, preciso, faccio arte semplicemente perché sin dall’infanzia non desideravo altro che creare e sfidare i materiali”.

Perché ti firmi L’orMa, come ti è venuto in mente questo acronimo e da quando l’hai adottato?

Sul finire dell’Accademia di Belle Arti mi venne il desiderio di togliere l’identità dell’artista per privilegiare il mondo parallelo che avrei creato; da qui nacque l’idea di unire il mio nome e cognome per creare una nuova realtà, che fosse in un certo senso “L’orMa di Lorenzo Mariani”.

Da studente all’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano sei stato assistente della coppia di artisti Vedovamazzei fino al 2009, che cosa hai imparato da loro?

Pur avendo preso, con il tempo, una strada artistica personale e ben distinta, posso dire che l’esperienza di assistenza nello studio Vedovamazzei è stata una delle tappe formative per me più importanti.
Con loro ho scoperto cosa volesse dire davvero “fare l’artista”! In un certo senso non si stacca mai, si è 24 ore su 24 proiettati a vivere le esperienze esterne e a tramutarle in arte.

Tra i diversi medium che hai sperimentato, prediligi la carta come materiale scultoreo: perché?

Facciamo un passo indietro: come tutti i bambini anche io iniziai il mio percorso creativo con semplici tratti a matita sul foglio. Presto ho avuto il forte desiderio di superare la bidimensionalità e ricordo, come se fosse ieri, quando prelevavo i fogli gettati nel cestino di mia sorella, la quale all’epoca studiava in università, pressandola e modellandola per cercare disperatamente di creare le forme e i personaggi che desideravo, scontrandomi però con i limiti di un materiale delicato e ostico con cui è difficilissimo ottenere ad esempio rotondità o trasparenze. Qualche anno fa, in occasione del WOPART (Work on Paper Art, n.d.r.), la fiera dedicata esclusivamente a opere in carta, decisi di rimettermi in gioco con questo primo materiale con cui mi ero, fallimentarmente, interfacciato nell’infanzia, prendendomi un sorta di rivincita grazie alle competenze acquisite negli anni.

Ti ricordi la tua prima mostra importante, cosa hai esposto e dove?

Nei primi anni dopo aver terminato gli studi ho partecipato a vari eventi; mi è difficile citarne proprio uno in particolare come “il primo importante”, perché più di uno, con le sue caratteristiche, ha contribuito a darmi forza e ad aiutarmi nell’inserimento nel mondo dell’arte. Se devo proprio sceglierne uno forse potrei citare la mia prima mostra personale, che si tenne presso la Galleria Spazio Testoni di Bologna, dal titolo “QUEVESIPRESTARANTENOSURSE MARTOROPIRAVIGOMIDURSE”, fu una responsabilità e un’emozione indimenticabile.

Sei nato, vivi e lavori a Milano, descrivi il tuo studio e come nasce il tuo lavoro in atelier

Sono nato a Milano (tra l’altro da più generazioni milanesi… 8 sicure!) dove principalmente vivo e lavoro; è una città che amo tantissimo, perché racchiude in sé storia, cultura e antichità unite a modernità e fermento creativo. Da 13 anni ho scelto di trasferirmi in una casa-studio perché, come accennavo precedentemente, il mio lavoro non ha pause e questa soluzione mi permette di vivere e lavorare senza distinzioni. Ho preso un vecchio laboratorio open space da ristrutturare in zona Ripamonti, vicino alla Fondazione Prada, che ho suddiviso in aree ben distinte e organizzate. Amo l’ordine, nonostante il lavoro renda questo difficile, non è il classico studio disordinato e sporco di colori, tutto il contrario! Tutto deve essere bello, ogni angolo, anche quelli lavorativi, questo perché penso che sia difficile far nascere il bello nel brutto! Nel mio studio ci sono piante ovunque, anche sospese, che da 13 anni crescono senza mai essere potate e rivestono il soffitto, due plantacquari, il fuoco nell’imponente camino realizzato da me in ceramica, collezioni di oggetti antichi e moderni, tappeti, opere d’arte… e naturalmente le mie sculture che si alternano di mese in mese per poi lasciare lo studio e seguire la loro strada.

L’orMa_Flag ship_2018_scultura di carta_67x186x26cm

Nel 2011 hai incontrato Paola Veronesi Testoni, titolare della galleria Spazio Testoni di Bologna, come è cambiata la tua vita da allora?

L’incontro con Paola Veronesi Testoni è un’altra delle “tappe” più importanti del mio percorso lavorativo! Fu un incontro abbastanza casuale, o comunque uno di quegli incontri che nessuno immaginerebbe che avrebbero fatto “scattare la scintilla”. Ci presentò Albero Mattia Martini in occasione di una mostra tri-personale che stava organizzando. Di Paola mi piace la sua energia, è frizzante, senza peli sulla lingua e con un amore per l’arte davvero raro! Da quel momento non ci siamo più separati fino al 2019, anno in cui di comune accordo (fu lei a presentarmi) entrai ufficialmente in collaborazione con la Galleria Forni.

Hai vinto numerosi premi, quali sono stati i più importanti per la tua carriera professionale e perché sono necessari per un giovane artista emergente?

E’ vero, negli anni ho vinto vari concorsi importanti che hanno contribuito alla mia crescita professionale e artistica. Penso che i più significativi siano stati Il premio EUROMOBIL Under 30 vinto nel 2016 a Bologna Arte Fiera, nello stesso anno il Premio Arteamcup della rivista ESPOARTE che mi dedicò per l’occasione anche la copertina della rivista e recentemente l’importantissimo premio VAF-Stiftung in Germania. I concorsi permettono ad un artista di mettersi in gioco direttamente con la critica e non solo con il proprio collezionismo; è un’ottima occasione di dialogo, di valutazione e riscontro del proprio percorso, oltre a dare una certa visibilità utile alla crescita professionale.

Nel 2017, in occasione della partecipazione alla fiera Wopart hai presentato al pubblico le due prime sculture completamente in carta, cosa hai esposto ?

Esatto, furono due sculture per così dire “sofferte”; riprendevo in mano questo materiale dopo anni di pausa dopo i primi fallimentari tentativi durante l’infanzia; dedicai un anno intero ad affinare le tecniche e l’estetica che volevo raggiungere. Esposi una rivisitazione delle classiche carrozze in porcellana settecentesca in chiave concettuale dal titolo “A tre secoli dalla fine”, e un tornado colto nell’istante del “risucchio” di una casa con animali e persone intitolato “Ad un passo dalla catastrofe”.

Chi compra sculture in carta, che tipo di collezionista attira il tuo operare con un materiale apparentemente “leggero”?

Il mio collezionismo è davvero molto vario, comprende il giovane collezionista incuriosito da un lavoro inusuale e il collezionista più esperto desideroso di aggiungere alla propria collezione un elemento nuovo. Mi capita anche di interfacciarmi con nuovi acquirenti che, innamorati del mio lavoro, decidono di acquistare la loro prima opera. Solitamente l’elemento carta li preoccupa per la delicatezza, ma una volta spiegato lo studio chimico e biologico di tutti i materiali utilizzati e i trattamenti per renderli durevoli, è proprio tutto questo a far innamorare l’acquirente.

LorMa_Shuriken_2024_scultura di carta_100x100x29cm

Quando inizia la collaborazione con la Galleria Forni di Bologna e quali sono i vantaggi e gli svantaggi di questa collaborazione?

Sono rappresentato ufficialmente da Forni dal 2019, dopo alcune prime collaborazioni in associazione con Galleria Spazio Testoni. Penso che la collaborazione con una galleria sia necessaria per un artista in quanto svolge un lavoro prezioso che questi da solo spesso non è in grado di fare; si occupa infatti di tutta l’organizzazione, delle vendite, delle parti burocratiche, del trasporti, ecc. permettendo all’artista di dedicarsi alla sua ricerca senza troppe distrazioni.

Negli ultimi lavori connetti il mondo naturale con la realtà virtuale, ma quanto incide nella tua ricerca artistica la tua identità culturale occidentale a confronto con quella orientale ?

Personalmente mi sento molto italiano! A differenza di molti artisti della mia generazione che amano definirsi cosmopoliti, io sento un forte legame con la nostra storia e la nostra cultura. Spesso, utilizzando molto la carta, vengo associato alla cultura orientale. Effettivamente mi rifornisco spesso di materiali cartacei anche dall’Oriente, che ha una cultura millenaria a riguardo, ma penso che la tecnica lavorativa e il risultato finale non siano in realtà molto legati all’oriente. Anche a livello tematico traggo ispirazione principalmente dal nostro bagaglio culturale, dalla storia, dall’arte e dalla filosofia legate al nostro territorio.

Vivi del tuo lavoro artistico o fai altro per continuare a lavorare a Milano sempre più cara per tutti?

Nei primi anni dopo aver terminato gli studi ho fatto davvero un’infinità di lavori per poter essere autonomo, ma sempre con in testa il desiderio di arrivare, un giorno, a vivere del mio lavoro artistico. Tengo ancora qualche corso privato artistico con allievi affezionati, che mi permette di staccare ogni tanto e tenermi aggiornato sulle tecniche, ma ormai da qualche anno vivo completamente del mio lavoro artistico e questo è un vero privilegio.

LorMa_You are my fortress_2023_scultura di carta e impianto luminoso_71x71x22cm

Cos’è per te la scultura oggi nell’epoca della cultura digitale?

Penso che ormai da decenni gli artisti vivano l’ansia della ricerca del “nuovo”, talmente da tanto tempo da aver reso questa ricerca “vecchia”. Mi preoccupo quindi poco dei cambiamenti vorticosi e repentini a cui la tecnologia ci ha abituato; ne vivo immerso, la amo e utilizzo anche io ove utile ai miei fini, ma resto fortemente connesso, per mia indole personale, all’utilizzo delle mani. Unisco nelle mie sculture visioni e tagli dall’aspetto virtuale, ma sempre su soggetti concreti e realizzati a mano.

A cosa serve l’arte?

Ehehe… bella domanda! Potrei rispondere con “frasone” d’effetto, come ad esempio che l’arte salverà il mondo. Ma onestamente lascio questi ragionamenti filosofici agli esperti del settore; io mi limito a fare la mia parte, a tirare fuori quello che ho dentro, non posso farne a meno, lo devo fare e spero che questo porti gioia, cultura e bellezza nel mondo.

Quali scultori di ieri e di oggi continuano a ispirarti?

Sono tantissimi i nomi che potrei citare, dall’antichità fino al contemporaneo, ma se devo citare chi in un certo senso “è quotidianamente con me” posso dire con fermezza Leonardo da Vinci; sento di condividere con lui l’indole e il temperamento, la tensione totale verso la sua ricerca, il desiderio di innovazione artistica e scientifica, le sue basi culturali italiane a cui sono molto legato.

Ti consideri un erede dell’Arte Povera? Se sì perché?

Non ne sono sicuro. Penso che nel mio lavoro ci siano molte affinità con l’arte povera, ma nei miei progetti cerco sempre di unire più insegnamenti dal passato e non mi sento legato a un genere in particolare.

Sei prevalentemente figurativo e le tue opere sono rifinite in maniera “barocca” nei dettagli, seppure essenziali nelle forme minimaliste, come spieghi questa contraddizione?

Ogni tanto ragiono su di me e penso di essere una contraddizione in tutto quello che sono e che faccio. Evidentemente questo traspare anche nelle mie creazioni artistiche. A parte l’ironia effettivamente sento di essere in un certo senso molto barocco, amo i dettagli e, anche se nel contemporaneo è spesso visto come fumo negli occhi, non mi vergogno a dire che amo anche il decoro e il bello fine a se stessi. Sono però parte dell’epoca in cui viviamo, che ha un linguaggio e un’estetica più netta, chiara e minimalista e, siccome desidero fortemente il dialogo con il pubblico, nelle mie opere cerco di unire entrambe queste componenti, restituendo soggetti che a primo impatto sembrano semplici, quasi virtuali, ma al contempo a uno sguardo più attento si nota come siano ricchi di dettagli.

L’orMa_Not so brilliant_2023_72x82x20cm_carta tarassaco e impianto luminoso

Quali sculture ti rispecchiano di più e perché?

In realtà amo tutte le mie sculture, se non sono convinto di un lavoro non lo presento mai al pubblico; sono come figli, hanno una loro connotazione personale, cerco di formarli al meglio e lasciarli andare… mi sentirei in colpa a innalzarne uno come il preferito.

Quali sono i tuoi modelli di riferimento nell’ambito letterario, artistico e cinematografico di ieri e di oggi?

Devo dire che i modelli che mi accompagnano quotidianamente sono tantissimi, e da ognuno di loro traggo qualcosa. Come accennavo precedentemente trovo in Leonardo da Vinci una vera guida, di tensione di ricerca e traggo molti insegnamenti dai suoi testi privati che parlano non solo di arte e di scienza, ma anche di vita e del quotidiano. A livello letterario potrei citare molti scrittori e poeti che amo, ma posso dire che preferisco le biografie; mi emoziona leggere storie di vita vissuta realmente, di personaggi famosi o sconosciuti, non importa. Trovo che la realtà spesso offra molta più fantasia della fantasia stessa.

Lo stesso vale a livello cinematografico, dove però il mio interesse è più variegato in quanto traggo ispirazione da situazioni e da tagli visivi eterogenei. Amo i film d’autore, anche quelli considerati lentissimi e noiosi; può far ridere ma spesso osservo le scenografie di fiction di secondo ordine che hanno un’atmosfera surreale e affascinante. Osservo con passione i tagli visivi di Sergio Leone… tutto concorre a creare il background dei miei lavori.

Perché le tue sculture in carta sono prevalentemente bianche?

Si tratta di una scelta di stile! Nell’immaginario comune la carta è bianca e troppi colori destabilizzano in un soggetto dove una delle cose più “strane” è proprio il materiale con cui questo è realizzato, in più dona all’immagine generale un aspetto di ordine e di pulizia quasi virtuale. Scelgo di utilizzare il colore solo dove l’opera lo richieda e ne giovi.

L’orMa_Not so brilliant_2023_72x82x20cm_carta tarassaco e impianto luminoso

C’è qualcuna di profondamente “surreale” nelle tue opere pur essendo “classiche”: come lo spieghi?

Nel mio lavoro cerco di unire molti insegnamenti che mi giungono dall’osservazione e dallo studio dei movimenti artistici del passato, tra cui anche il surrealismo che diventa anch’esso parte del risultato finale.

Con quale artista vivente vorresti condividere una mostra e perché?

Sono sempre aperto a condivisioni con altri colleghi, ma preferisco lasciare ai curatori la proposta di unioni fra artisti perché loro hanno una visione generale più “lucida”, mentre io sono immerso nella mia ricerca e fatico a ideare collaborazioni.

Le tue opere nascono da sogni, da incubi o cos’altro?

Non saprei se definirli sogni, o incubi. Forse effettivamente, se devo associarli a questi, immagino uno di quegli “incubi belli”, cioè di quelli avventurosi, dove c’è forte tensione ma non disperazione o terrore, di quelli che spesso si vivono e si godono in semi-coscienza lasciando andare liberamente l’immaginario, ma sempre sapendo di avere una via di fuga.

Cosa pensi deI’Intelligenza Artificiale?

La sto ancora studiando, è comodissima, probabilmente il futuro dell’informazione, ma al tempo stesso mi preoccupa.

Quale progetto stai sviluppando?

Quest’anno ho iniziato un progetto con il marmo e se tutto procederà bene penso di proporre al pubblico la mia prima creazione realizzata con questo materiale ad Artefiera Bologna 2026.

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