Il cartellone 2023 del Festival di Caracalla è ricco di eventi. La location dalla bellezza maestosa attira un pubblico vario e variopinto fatto soprattutto di turisti ma anche di moltissimi romani.
La scelta degli spettacoli è ampia e si va dall’opera, al balletto, alla musica pop, jazz e pure lo spazio dedicato agli eventi, come la mostra fotografica su Letizia Battaglia, va a completare un’offerta per tutti i gusti. Noi abbiamo optato per la musica sinfonica che quest’anno ha svoluto esprimersi sulle note di un capolavoro, uno dei tanti, che porta la firma del magnifico Ludwig Van Beethoven: la Sinfonia n.9 in Re Minore, anche conosciuta come Inno alla Gioia.
Mai come quest’anno il mondo ha bisogno di gioia dopo tutti i capovolgimenti che stanno stravolgendo le nostre vite ed è forse questo il motivo per cui si è scelto una tale meraviglia composta di quattro movimenti di cui due cantati dall’immenso coro diretto dal maestro Ciro Visco. Non si può non raccontare la magia del luogo al tramonto, gremito di gente nonostante l’afa. Un pubblico trasversale non solo per la diversa provenienza ma pure per l’età che andava dall’infanzia, con bambini festosi ma attenti e concentrati ad anziani, a volte claudicanti, ma pieni di voglia di vivere.
Il potere della musica unito a quello della storia può fare grandi cose: perfino le cicale, al cospetto del secondo movimento, molto vivace-presto, hanno improvvisamente smesso di frinire. Il testo di Friedrich Schiller anche se cantato in tedesco è un invito all’unione, all’amore: “Abbracciatevi, moltitudini! Un bacio al mondo intero! Fratelli!” Parole in totale contrasto con le guerre che distruggono il nostro pianeta. Nonostante il divieto di tenere accesi i telefoni cellulari, all’alzarsi del coro che a pieni polmoni ha intonato il famosissimo inno: ”Gioia bella, scintilla degli Dei…” in molti hanno cercato furtivamente di riprendere il momento, probabilmente, consegnando un pezzo di emozione alla spietata macchina dei social network.
Qualche signora avvezza ai concerti di musica classica ha borbottato quando qualche sprovveduto neofita ha osato applaudire tra un movimento e l’altro, le sinfonie in effetti andrebbero ascoltate in religioso silenzio fino alla fine, o meglio, fino a che il direttore non si ferma e invita l’orchestra ad alzarsi per l’inchino. Davvero però l’entusiasmo era troppo per essere contenuto tanto che il maestro Myung-Whun Chung, non ha mai dato segni di insofferenza e ha donato alla platea persino un bis che nessuno osava chiedere. Chi scrive non è un critico musicale ma un semplice narratore delle cose umane che a volte si fondono con il divino: al concerto del 9 luglio scorso, è di certo accaduta questa fusione e di questo non possiamo che ringraziare l’ultima e più potente realizzazione sinfonica Beethoveniana del “Passaggio dal buio alla luce” e il Teatro dell’Opera di Roma che ha scelto di rappresentarla nella cornice unica della Roma imperiale del 200 d.C.