Barbara Chichiarelli:«Da Livia ad Anna, le mie donne ed io “con i piedi fortemente poggiati sulle nuvole”»

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L'attrice Barbara Chichiarelli_Ph. Gioele Vettraino

Sfumature di romanità che si evolvono in un «percorso organico», così lo definisce, e aprono le porte di nuovi orizzonti che da realtà territoriali si trasformano in personaggi di caratura internazionale. Poi, l’autorevolezza  dell’apparenza e la fragilità che indossa l’abito dell’autocritica, poiché un interprete non si sente mai arrivato e vive in un viaggio continuo alla scoperta di sé. Barbara Chichiarelli non è solo una promessa del Cinema italiano ma una certezza. Da “Suburra, la serie” Netflix alla recente “The Good Mothers” su Disney+ dal 5 aprile, ha saputo mettere in gioco le sue capacità attoriali passando dal romanzo criminale di “Livia Adami” alla sete di giustizia del sostituto procuratore “Anna Colace” nella Calabria delle madri coraggio che si ribellano alla ‘Ndrangheta. E se il successo è dietro l’angolo, l’attrice si racconta rimanendo ancora «Con i piedi fortemente poggiati sulle nuvole».

La popolarità è sbocciata con il personaggio di Livia Adami in “Suburra, la serie”. In cosa siete simili?

«È il primo personaggio che ho portato sul grande schermo e, con tutta l’inesperienza del caso, non sapevo come approcciare questo nuovo linguaggio. Ho riprodotto quello che ero in grado di fare grazie al teatro, rimanendo sempre presente a me stessa. Le similitudini, forse, sono soprattutto a livello caratteriale: la forza e l’autorevolezza di Livia mi appartengono seppure percorriamo strade diverse. Nel privato, tuttavia,  non ho la sua arroganza e, naturalmente, non faccio quel tipo di vita, il che non è un dettaglio!» (ride, ndr).

La romanità le sta stretta? 

«Credo sia un percorso organico di emancipazione come lo hanno vissuto altri attori e artisti prima di me, da Elio Germano ad Alessandro Borghi con il quale ho recitato in Suburra. Il discorso è legato anche ad altri dialetti, ognuno parte dal suo e poi si evolve. All’inizio veniamo connotati per una specificità o per la provenienza geografica e, in seguito, ci allontaniamo. Accade a me per il romanesco, a qualcuno succede per il napoletano». 

Il suo primo amore è il teatro, perché?

«È la mia storia, arrivo da lì e ringrazio il luogo dal quale provengo. Ho cominciato sin da piccola attraverso un confronto live con il pubblico. Le differenze fra teatro e cinema sono sostanziali: il primo è  una performance dal vivo,  permette una presenza e una consapevolezza del corpo diverse da quelle del cinema. In scena non ci si può fermare, sono sensazioni differenti. Non vorrei sembrare giudicante ma la palestra scenica consente un forte allenamento alla durata della prestazione e della concentrazione, molto alta sul set, in modo da non interrompersi nonostante gli imprevisti. L’ho registrato più volte, non mi fermo finché non arriva lo stop. Poi, la capacità mnemonica, che è una conquista, poiché un testo teatrale dura un’ora e oltre. Sul palco un gesto deve sembrare talmente ampio da essere visibile dall’ultimo loggione mentre, davanti alla cinepresa, la dinamica non cambia ma bisogna renderlo più piccolo abbassandolo. E, in questo, gli attori di teatro, a volte, hanno delle difficoltà. Magari non ci si rende conto che una determinata espressione può essere troppo per un primo piano».

L’attrice Barbara Chichiarelli in “Corpo Libero”

Candidata ai David di Donatello come migliore attrice non protagonista per “Favolacce” dei fratelli D’Innocenzo. Delusa di non aver vinto?

«Ho vinto il Premio Graziella Bonacchi ai Nastri d’Argento e il Ciak d’Oro nello stesso anno. Sono contenta, spero che la mia carriera sia ancora lunga e, un giorno, ci sarà un’altra occasione per il David». 

Dal 5 aprile è su Disney + con “The Good Mothers”. Chi interpreta nei sei episodi?

«Sono il sostituto procuratore Anna Colace, una donna che lavora in Calabria e combatte la ‘Ndrangheta. La serie ricalca e tratteggia degli eventi veri, il mio ruolo si ispira ad una figura realmente esistita. Raccontiamo storie di donne della malavita dal 2008 al 2012. Alcune note, come quella di Lea Garofalo già affrontata del regista Marco Tullio Giordana, o da “Una femmina” di Francesco Costabile per quanto riguarda Maria Concetta Cacciola. Rappresento lo stato e mando avanti la drammaturgia, ho una doppia funzione che si specchia in quella delle altre protagoniste svelando alcune analogie. Anna lotta contro la solitudine, il patriarcato che avverte nel posto di lavoro e non le dà molta fiducia in merito alla sua intuizione che, invece, si rivelerà vincente: in una società chiusa e malavitosa, puntare sull’elemento femminile che non era mai stato preso in considerazione. Per proteggere i loro figli, le donne sono disposte a tradire i luoghi e le famiglie alle quali appartengono».

Cosa non le piace della Barbara persona? 

«Sono parecchio autocritica, mi giudico sempre. Forse perché, nella mia congiunzione astrale, manca un po’di acqua essendo un Toro cuspide Gemelli con ascendente Acquario. Mi considero un mix di cose, potrebbe sembrare fishing for compliments ma all’anteprima di The Good Mothers, quando mi dicevano bravissima, pensavo “Bah…”. Però sto migliorando…». 

E della professionista?

«Più o meno la stessa cosa, l’eccessiva pignoleria e quel persistente auto-giudizio che non mi fa sentire libera di arrivare dove vorrei. Sono attenta a rispettare il lavoro di tutti, fin troppo, ascolto il parere dei miei colleghi e mi lascio andare poco. Immagino che, avendo sempre tutto sotto controllo, qualche emozione o guizzo sia stato bloccato negli anni. Vale pure nella vita privata».

Quindi, si mette spesso in discussione. Come?

«Gli insuccessi o i no sono un banco di prova. Me la prendo con me stessa, la colpa è mia, non punto mai il dito contro gli altri.  Sto cercando di trovare un equilibrio, non si può fare tutto, non si può essere perfetti. Mettersi in discussione è la base: se si pensa di essere bravi, o già arrivati, si ottiene l’effetto opposto».

Considerando il successo, pensa che per lei “La Dea Fortuna” sia arrivata al Cinema con Ferzan Özpetek?

«Il mio è stato un po’ un cameo, su quel set in particolare non ho avuto la possibilità di approfondire la conoscenza con Ferzan che, invece, ho ritrovato a Venezia per due giorni alla Biennale d’Arte dove abbiamo conversato sul dialogo e la sua costruzione insieme ad altri addetti ai lavori».  

Un aneddoto curioso del set, tavole imbandite a parte?

«Ricordo la leggerezza e la freschezza con cui dirigeva tutti, lui è simpaticissimo. Almeno per quello che riguardava la mia scena, non dimentico le battute con lo sceneggiatore Gianni Romoli. Un’esperienza breve ma davvero divertente».  

L’attrice Barbara Chichiarelli in “Bang Bang Baby”

Da “Corpo Libero” a “Bang Bang Baby”, a suo avviso i ruoli che le hanno proposto sono sempre stati calzanti?

«Probabilmente sì, il che è una fortuna e al contempo una sfortuna. Ho interpretato personaggi che potevano far leva o contare su una mia peculiarità caratteriale. Possiedono una loro forza e una sicurezza distorta come madre disfunzionale dei vari progetti. Così ho fatto carriera nella polizia di Stato, da semplice investigatrice sono diventata sostituto procuratore. Ruoli di donne coraggiose e determinate che, a differenza delle figure materne un po’ più fragili, non hanno paura. Mi auguro di avere l’opportunità di esplorare altri lati di me, ce ne sono tanti, siamo in tante qui dentro!» (ride, ndr).

In che modo vede, oggi, il suo futuro artistico?

«Non so cosa aspettarmi. È un atteggiamento che ho sin da bambina, non mi sono mai fatta troppi film proiettandomi in avanti. Tendo a vivere abbastanza nel presente, almeno sul lavoro. Sentimentalmente, però, voli pindarici ne ho fatti eccome! Citando Ennio Flaiano  “Sognatore è un uomo con i piedi fortemente poggiati sulle nuvole”».

Photo credits Courtesy of Press Office

Foto del ritratto in evidenza di Gioele Vettraino

Styling di Cosmo Muccino Amatulli

Abiti e gioielli: Federica Tosi