Addio a due grandi doppiatori

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A una settimana di distanza, due gravi lutti hanno toccato il mondo del doppiaggio italiano, privandolo di due figure che hanno contribuito a rendere quest’arte una delle nostre eccellenze nel mondo. Giorgio Lopez e Nino D’Agata, straordinari interpreti al leggio, sono scomparsi nell’attuale mese di agosto, lasciando un vuoto importante quanto la grandezza del loro talento.

Entrambi avevano messo la loro esperienza al servizio di giovani aspiranti doppiatori in veste di insegnanti, Lopez nel suo corso, D’Agata presso la scuola Voice Art Dubbing. Fratello maggiore di Massimo, 74 anni, Giorgio Lopez era stato l’inconfondibile voce italiana di Danny DeVito e del Maestro Miyagi interpretato da Pat Morita nella saga “Karate Kid”, oltre che successore di Ferruccio Amendola nel doppiaggio di Dustin Hoffman. Nato a Napoli, diplomato alla Silvio D’Amico, aveva lavorato in teatro con registi noti e stimati, tra cui Squarzina, Pugliese e Calenda, coltivando contemporaneamente la passione per il palcoscenico – aveva anche diretto diversi spettacoli – sebbene il lavoro in sala doppiaggio abbia avuto sempre la priorità. Per molti anni nel Gruppo Trenta della famiglia Izzo, Lopez aveva dato voce a Danny DeVito in quasi tutti i film, da ”Palle d’acciaio” a “Jumanji: The Next Level” passando per “I gemelli”, “Batman – Il ritorno” e “Anything Else”. Nel corso della sua gloriosa carriera aveva anche doppiato interpreti del calibro di John Cleese in “Un pesce di nome Wanda” e nel ridoppiaggio di “Monty Phyton – Il senso della vita”, Ian Holm in “Greystoke – La leggenda di Tarzan”, John Hurt nella saghe di “Harry Potter” e “Hellboy” e, infine, Bob Hoskins in “Sweet Liberty” e “La fiera della vanità”. Dopo “Sesso e potere” e “Sleepers”, entrambi con Amendola voce di De Niro, era diventato il doppiatore ufficiale di Hoffman da “Giovanna D’Arco” fino a “L’uomo del Labirinto”, passando per titoli come “Confidence”, “La giuria” e “Vero come la finzione”. Indimenticabili anche i suoi doppiaggi del rude neonato Baby Herman in “Chi ha incastrato Roger Rabbit” e del sardonico maggiordomo Jeffrey, interpretato da Joseph Marcell nella serie cult “Willy – Il principe di Bel Air”.Sua ultima fatica al leggio, il lavoro su Wallace Shawn in “Rifkin’s Festival” di Woody Allen. Poche le apparizioni in cinema e tv, tra cui il film “Mezzo destro, mezzo sinistro” e le fiction “Don Matteo” e “Professione Fantasma”, quest’ultima al fianco del fratello Massimo, cui era legato da profonda complicità anche sul lavoro.

Catanese, Nino D’Agata avrebbe compiuto 66 anni l’8 ottobre prossimo, e viene ricordato per l’inconfondibile accento calabrese prestato al Reverendo Lovejoy e quello napoletano al poliziotto Lou ne “I Simpson”; suo anche l’aplomb del maggiordomo virtuale Jarvis e del supereroe Visione, interpretati da Paul Bettany nei film Marvel. Come Lopez aveva lavorato anche in altri settori artistici, diretto tra cinema e tv da registi del calibro di Giuseppe Ferrara in “Giovanni Falcone”, Gianluca Maria Tavarelli in “Paolo Borsellino” e “Il Giovane Montalbano” e Michele Soavi nelle fiction “Il testimone”, “Francesco” e “Ultima pallottola” e nel film “Il sangue dei vinti”.In tv D’Agata era stato anche volto del generale Tosi in “R.I.S. – Delitti imperfetti” e del prete colluso con la mafia Don Sergio in “Squadra antimafia – Palermo oggi”.Celebri i suoi doppiaggi di Alfred Sauchelli jr. in “Bronx”, Alec Baldwin in “Notting Hill”, Derek Jacobi in “Ironclad” e Jean-Claude Frissung in “Le passeggiate al campo di Marte”. Nella riedizione di “C’era una volta in America” di Sergio Leone, realizzata nel 2003, aveva dato voce a Richard Bright nei panni di Chicken Joe. Tra le ultime interpretazioni il film “La Trattativa” di Sabina Guzzanti, nei panni di Vittorio Mangano, e la fiction “Boris Giuliano – Un poliziotto a Palermo” di Ricky Tognazzi, nel ruolo del giudice.

Figli d’arte,i fratelli Gabriele e Andrea Lopez e Lorenzo D’Agata hanno seguito le orme paterne, scegliendo entrambi una formazione artistica al leggio.