Pietro Sarubbi: “Fate della vostra vita un capolavoro”

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fonte pietrosarubbi.it- dallo spettacolo "Un bacio sull'asfalto" con la regia di M.P.De Castro

La maggior parte delle persone lo conosce per il percorso umano e spirituale intrapreso dopo aver interpretato Barabba nel film del 2004 La Passione di Cristo di Mel Gibson. Ma Pietro Sarubbi, nato a Milano nel 1961, ha avuto una carriera artistica a 360 gradi: oltre a lavorare a teatro come attore e regista, ha partecipato a diverse serie e programmi televisivi, tra cui il Maurizio Costanzo Show e Camera Cafè, oltre a recitare al cinema per registi del calibro di Gabriele Salvatores, Dino Risi e Nanny Loy. A seguito del suo avvicinamento alla alla religione cattolica dopo il film su Gesù, ha scritto 2 libri sulle figure di Barabba e San Pietro. Oggi è tra i docenti del corso di regia della Civica Scuola di Cinema di Milano.

Come è iniziata la sua carriera?

È stato quando facevo l’università a Milano, e studiavo veterinaria. Come tutti gli studenti, facevo dei lavoretti per rendermi autonomo dai miei genitori: lavoravo come comparsa o facendo cabaret allo Zelig, ma anche l’animatore nei villaggi turistici. Alla lunga, quella che all’inizio era una passione divenne anche un lavoro, tanto che poi andai a studiare al Piccolo Teatro.

Come è avvenuto invece il passaggio dal teatro alla tv e al cinema?

È avvenuto perché già dopo il Piccolo Teatro ero andato a lavorare negli sceneggiati televisivi della Rai di Milano. E dopo avermi visto fare cabaret da Zelig, anche quelli di Mediaset mi contattarono, invitandomi al loro programma comico Drive In. È stato tutto un processo in divenire, dove da cosa nasce cosa, senza niente di programmato.

Cinema, teatro, televisione: a quale medium si sente più legato?

Al teatro, assolutamente, perché è quello con la maggiore sacralità. Lo schema dello spettacolo teatrale, infatti, è lo stesso della messa: palcoscenico-platea per uno, presbiterio-platea per l’altro.

Come si è avvicinato invece al cinema americano?

Poco più di 20 anni fa avevo preso parte alle riprese di un film di Brian De Palma, le cui riprese in un primo momento furono interrotte perché il regista stava male. La casting director era la stessa di John Madden, il regista di Shakespeare in Love, che mi chiamò per partecipare al suo film Il mandolino del capitano Corelli, uscito nel 2001, dov’ero assieme a Nicolas Cage e Penélope Cruz. Fu in quel film che mi vide Gibson, che in seguito mi ha chiamato per interpretare Barabba.

Cosa ci puoi dire della tua conversione?

È qualcosa che ti cambia completamente la vita. Come dice il Vangelo, “può un uomo vecchio nascere a vita nuova?” Nonostante il mio lavoro e i soldi che facevo, sentivo che mi mancava qualcosa. Quando, durante la scena della liberazione di Barabba, io e Gesù ci scambiamo un lungo sguardo, sono rimasto colpito da quest’uomo che non provava rabbia né odio per chi gli aveva tolto la possibilità di avere salva la vita.

Come è stato trattato il mondo dello spettacolo durante la pandemia?

Il nostro settore è stato completamente abbandonato, perché non ci sono grandi interessi economici. E anche perché la stoltezza dell’uomo moderno nichilista considera utile solo ciò che è legato al guadagno, senza considerare l’arricchimento umano che scaturisce dalla cultura. Un altro motivo è che abbiamo un Ministro della Cultura assolutamente incapace e incompetente, scelto sulla base di logiche di partito anziché di meriti reali.

Lei è anche un docente. Qual è il consiglio che da più spesso ai suoi studenti?

È sempre lo stesso, mutuato da una frase di San Giovanni Paolo II: “Prendete la vita nelle vostre mani e fatene un capolavoro.”