“Ultras” tra affetti e rancori senza moralismi

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Quello delle curve negli stadi è un tema molto controverso, che negli anni ha ispirato diversi film che hanno cercato di comprenderlo senza giudicarlo né in positivo né in negativo. In questo solco si inserisce Ultras, diretto da Francesco Lettieri e uscito il 9 marzo.

Sandro detto “il Mohicano” (Aniello Arena) è il capo degli Apache, un gruppo di ultras napoletani, che a cinquant’anni vorrebbe farsi una vita più tranquilla. Tuttavia, non riesce a lasciarsi veramente alle spalle la sua vecchia vita, sia perché deve tener testa alla frangia più giovane ed estrema degli Apache, sia per il desiderio di proteggere Angelo (Ciro Nacca), un ragazzo che vuole entrare in quel mondo anche per vendicare il fratello Sasà, morto tempo prima in una rissa.

L’ambiente degli ultras viene descritto senza giudizi esterni: un mondo dove chi vorrebbe solo far parte di una collettività finisce per frequentare le persone sbagliate. È indicativo in tal senso il fatto che Angelo non abbia un padre, mentre la madre frequenta molti uomini; l’assenza valori famigliari lo porta ad entrare in un ambiente violento, dal quale Sandro cerca di metterlo in guardia facendogli quasi da padre.

Dopo un’intensa carriera come regista di videoclip musicali, Lettieri ci porta nella sua natia Napoli per narrare una storia cruda ma priva di moralismi, che alla fine lascia un sapore amaro in bocca.