Al 70esimo Festival di Sanremo Marco Masini ha festeggiato i trent’anni di carriera portando sul palco dell’Ariston “Il confronto”, un brano autobiografico che racconta la storia di un uomo che, guardandosi allo specchio, fa i conti con se stesso e il suo passato. Quindicesimo classificato, il cantautore toscano, che ha già vinto la kermesse canora con “L’uomo volante” nel 2004- edizione targata Simona Ventura– e 14 anni prima nella sezione Novità con “Disperato”, ha realizzato un nuovo album con 15 pezzi del suo repertorio e 4 inediti, in cui duetta con cantanti e amici di vecchia data.
Un grande ritorno al Festival…
Sono contento di essere tornato sul palco di Sanremo che ha dato inizio al mio viaggio. Non è esattamente lo stesso perché nel 1990 partivo dal Palafiori, l’Ariston era in ristrutturazione. Però per me cantare dopo anni sotto una scenografia per quei tempi aliena è come essere nel futuro. Comincia da qui un progetto meraviglioso, mi accompagnano 16 amici, tra cui una ragazza che non è un’amica di vecchia data. Si chiama Rita Bellanza, è stata una concorrente di X Factor. Una ricciolina ventunenne molto brava che secondo me merita tanto spazio, non solo per la bravura ma anche per la storia personale che mi ha raccontato. Infatti la canzone che abbiamo scritto per lei riguarda la sua adolescenza e la sua vita. I duetti nel disco sono con Eros Ramazzotti, Giuliano Sangiorgi, Umberto Tozzi, Luca Carboni, Francesco Renga, Ermal Meta, Nek, Ambra Angiolini e altri. Poi ci sarà il concerto all’Arena di Verona.
Dopo Sanremo la aspetta una tournée all’estero?
Abbiamo programmato un tour europeo che toccherà Belgio, Svizzera, Francia e stiamo per chiudere anche con la Germania.
Come affronta la competizione?
Al Festival ho sempre cercato di raccontare me stesso senza peli sulla lingua. Ho cominciato a non averli già nel ’93, e questo forse mi ha caratterizzato sin dall’inizio per la ricerca di un linguaggio personale senza limiti. Tanto che poi, spesso, vengono fuori le polemiche. “Il confronto” è una canzone che racconta la storia di tanti uomini. Si comincia sempre da un’autobiografia per cercare successivamente l’identificazione con gli altri. Mi fa piacere competere con i giovani che, spero, rappresentino il futuro. E sono convinto che la musica italiana abbia ancora una strada lunghissima davanti a sé piena di obiettivi da raggiungere.
Aneddoti off sulla scelta dei cantanti con i quali duetta nell’album?
Sono amici. Con Eros siamo fratelli, giochiamo insieme nella Nazionale cantanti e ci conosciamo dal 1986. Un disco ricco di collaborazioni. Nei miei momenti difficili si è esposto ed è sempre stato leale, siamo andati in vacanza insieme. Ci divide solo la fede calcistica. Ed essendo un amico ho scelto di duettare con lui in “Disperato”, la mia prima canzone. I pezzi si sono scelti da soli perché ci sono vari episodi che mi legano a tutti questi amici. Per esempio, con Giuliano Sangiorgi eravamo insieme in un locale al compleanno di Francesco Nuti, di cui entrambi siamo grandi fan e che sta attraversando da tempo un periodo non facile. C’era il pianoforte, abbiamo cantato “Ci vorrebbe il mare”, che amiamo tutti e due, ed è venuta esattamente come nell’album, a parte alcuni accessori musicali, strumenti aggiunti, la divisione delle parti e la tonalità. Il primo concerto di Ambra Angiolini è stato al Palaeur quando c’ero io. Lei è venuta da me indossando la fascia con scritto “Marco ti vorrei” e con lei canto proprio “Ti vorrei”. “Principessa” invece mi lega a Nek, Ermal Meta ha preferito per una questione stilistica “Cenerentola innamorata”. Le scelte che abbiamo fatto sono nate in modo naturale con un aggiustamento di sound ed arrangiamenti. Con Luca Carboni canto “Vaffanculo”, il brano che ha visto nascere la nostra amicizia ed è stato adattato all’ascolto radiofonico di oggi. L’esecuzione è diversa con ognuno di loro.
Come mai non ha selezionato artisti della scena indie?
Con i trent’anni di carriera avrei voluto fare trenta canzoni, anche perché il mio repertorio me lo avrebbe consentito. Ma confesso che, in corso d’opera, ci siamo accorti che i tempi erano stretti e avremmo dovuto realizzare un doppio cd con tutto quello che comporta sul piano della distribuzione e della produzione. Alcuni artisti indie li avevo già chiamati, ma anche certi amici di vecchia data che, purtroppo, con 15 canzoni, compresi i 4 inediti, sono necessariamente rimasti fuori. I giovani li ascolto perché da loro si può sempre imparare e ho voglia di fare una seconda operazione coinvolgendoli.
Come nasce l’idea di un testo su un uomo che si guarda allo specchio confrontandosi con quello che pensava di essere ed è stato?
Credo che ci si confronti troppo spesso con gli altri prima di farlo con se stessi, in tutte le categorie. Pure nella politica secondo me. Quindi ho fatto un percorso a ritroso. In questi anni sono stato bravo a dire “Vaffanculo”, “Bella stronza”, ma forse non lo sono stato nell’affrontare i miei errori confessandoli. Quindi l’ho fatto davanti a tutti, forse per sentirmi meglio. Se dovessi parlare solo di me risulterei presuntuoso, ho preferito farlo parlando degli uomini. Il disco è uscito e sta andando bene, sento che i miei amici maschi si identificano. Anche Simone, che ha giocato a calcetto con me due giorni prima di partire per Sanremo e ha ideato una messa in scena per farsi lasciare dalla moglie. Quindi racconto la vigliaccheria di un uomo, che si mette a nudo e fugge da se stesso prima di incontrarsi, ritrovarsi e accettarsi.
In trent’anni ha utilizzato parole forti inglobate in una polemica sanremese che ha coinvolto anche altri ma che oggi sembra essere superata…
Non mi sono sentito coinvolto ma tirato in ballo perché penso che ogni canzone sia figlia del tempo. E se riguarda me deve coinvolgere “Malafemmena” di Totò, “Bella senz’anima” di Riccardo Cocciante ma anche Fabrizio De André da un punto di vista musicale e letterario. Ogni pezzo è una fotografia di un’epoca. Mi occupo dei miei testi, non di quelli degli altri, e preferirei concentrarmi sulla mia musica.