Guido Morselli e quel “Grande Incontro” tra Pio XII e Stalin..

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Barbara Nahmad, “Cantico” olio su carta, 25x45cm, 2019

Geno Pampaloni ci mise sette mesi per leggere le 60 pagine del suo manoscritto. E gli disse di no. Vittorio Sereni, invece, nemmeno gli rispose. E con lui il muro del silenzio lo tirarono su altri 4 o 5 pezzi da novanta dell’editoria che piaceva a tutti: Mario Pannunzio, Guido Calogero, Italo Calvino e Carlo Fruttero, mentre Luciano Foà ne perse le sudate carte da qualche parte negli uffici dell’Einaudi.

Sembrava il trenta-e-qualcosenne-di oggi laureato e masterizzato alle prese con l’invio del famigerato curriculum viae in cerca d’occupazione e che alla fine si adatta a fare il benzinaio. Ma nonostante i grandi rifiuti, lo scrittore Guido Morselli non aprì una pompa di benzina e andò avanti a scrivere, imperterrito ma non del tutto: si uccise nel luglio 1973, forse stanco per altre ragioni che nulla avevano a che fare con gli editori, uno dei quali tuttavia gli pubblicò l’opera. Era Rizzoli, era il 1966 e il libro si intitolava Il comunista.

Guido Morselli, come Wittgenstein prima di lui, potè usufruire di una cospicua rendita paterna, ma diversamente da Wittgenstein non la diede via agli artisti e non morì felice.

Provò a lavorare, per un anno, presso un’agenzia di pubblicità, ma evidentemente era più inadatto del summenzionato filosofo austriaco al commercio col mondo e così dal mondo si ritirò, prima in una casetta isolata nella provincia di Varese, con dietro le montagne e davanti il verde, poi dalla vita.

Intanto aveva scritto tanto: Roma senza papa, Contro-passato prossimo, Dissipatio H.G. e altro ancora. Questo “altro ancora” e quanto era stato scritto prima glielo pubblicò Calasso dell’Adeplhi e non sappiamo se possiamo dire, con Maurizio Costanzo a proposito di Carmelo Bene,
«avevamo un genio e non lo sapevamo».

E non possiamo nemmeno fantasticare intorno alla realtà controfattuale di un Morselli incattivito come Chuck Palahniuk che, dopo il primo rifiuto, invia allo stesso editore un secondo romanzo più violento del primo e riesce a farlo dare alle stampe.

Di certo sappiamo, anche noi ex post, che Giulio Nascimbeni scrisse nel ’74 sul Corriere della Sera: “[…]c’è stato anche un Gattopardo del Nord. Viveva in luoghi profondamente lombardi, tra Gavirate e Varese. Scrisse migliaia di pagine. Sperò a lungo che gli editori si accorgessero di lui […]. Adesso esce un suo romanzo […] e se ne resta attoniti, come davanti a un frutto raro e inimmaginabile“.

Morselli fu evidentemente uno scrittore difficile da inserire in qualche carreggiata e con ogni probabilità era fuori tempo o in anticipo sui tempi: non dimentichiamo che proprio e solo in quegli anni il già ricordato Roberto Calasso pubblicava senza tema il Nietzsche di Colli e Montinari in piena temperie post-crociana e soprattutto marxiana.

E quindi forse anche lui, Morselli, fatte le debite proporzioni, nacque postumo.

Guido Morselli, l'irregolare nato postumo

E postuma è la produzione che un altro editore coraggioso, oggi, in piena procella per la carta stampata, ha tirato fuori dal torchio: De Piante Editore, che fa libri per pochi ma nemmeno per l’elite, in tirature limitate con testi di autori del ‘900 rari o inediti e impreziositi alla sovraccoperta dall’opera appositamente realizzata da un artista, ha appena pubblicato Il grande incontro di Guido Morselli, cioè l’incontro segreto tra Pio XII e Stalin.

Una fantasticheria ma non tropo: sebbene l’incontro messo in scena tra “il Personaggio in bianco” e il “Signor Maresciallo” non sia mai avvenuto, l’episodio romanzato da Morselli non sembra così lontano dalla realtà. Negli anni Cnquanta Baffino voleva veramente incontrare l’uomo in bianco e Morselli poteva essere a conoscenza dei rapporti fra le due diplomazie.

Domenica 17 novembre Il grande incontro sarà presentato, insieme agli altri libri di De Piante Editore, negli spazi della Fondazione Sangregorio Giancarlo di Sesto Calende alle ore 15, un posto unico che una volta visto non si dimentica: sarà l’occasione non solo per conoscere i libri d’artista realizzati da una folle quanto meritoria impresa editoriale, ma anche per scoprire (o ri-scoprire) uno scrittore forse non ancora adeguatamente letto e studiato, che oggi ritorna a noi impreziosito da una plaquette realizzata dall’artista Barbara Nahmad.

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1 commento

  1. Ha, ha, ha…..che ingenua opera di mistificazione…
    Per ristabilire la verità, ben nota a chi conosce la storia del Concilio Vaticano II°, è sufficiente sostituire Pio XII° con il c.d. “Papa buono” cioè Giovanni IIXXX°. Allora torna tutto, massoneria manu compresa.

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