Di origine casertana, Gerardo Di Lella si è trasferito a Roma 24 anni fa. Musicista, compositore e direttore d’orchestra di musica extracolta, intendendo con questo termine la musica non classica, che deriva dalla tradizione popolare e gode di una vasta diffusione grazie all’attenzione dei media. Qualche purista si potrebbe scandalizzare, ma anche il jazz appartiene a questa categoria che si è già rivolta ad altri generi per creare ritmi sensazionali, contaminazioni che hanno reso uniche le performance musicali provenendo da ambienti sonori ed aree geografiche molto diverse, ma senza perdere la propria identità.
Quindi jazz, musica del cinema, musica etnica e pop che prevedono grandi formazioni, ma non la musica classica. Stili musicali diversi, anche se ti sei diplomato in pianoforte, poi anche perfezionato con grandi maestri, in musica classica e jazz in Conservatorio.
La passione mi ha spinto ad appassionarmi al genere extracolto, che quando avevo vent’anni in Conservatorio era vietato. Era una musica che ancora all’epoca non era così popolare ed aveva vita difficile in questi ambienti. La suonavano poche persone e gli insegnanti non lo vedevano di buon occhio. Poi piano piano è arrivata un’apertura ed oggi è diventata molto popolare anche lì.
Diplomato a Benevento con un grande maestro napoletano, Paolo Spagnolo, poi è arrivata la notorietà e non solo nella Capitale. Adesso hai un’orchestra con settanta elementi.
La mia orchestra cambia a seconda del tipo di musica che proponiamo. A fine mese facciamo un concerto all’Auditorium con Tony Hadley, l’ex frontman degli Spandau Ballet che spopolavano negli anni ’80, e avremo 32 elementi impegnati in questa performance. Ma ho varie formazioni intermedie fino ad arrivare a settanta elementi, perchè quando facciamo musica del cinema ho bisogno degli archi. La formazione più piccola che a seconda delle circostanze si allarga.
Piace molto ciò che proponi, c’è molta inventiva e da anni spopoli anche in ambienti altolocati, molto esclusivi del panorama italiano ed internazionale.
Si stanno accorgendo di me un po dappertutto. Sono stato recentemente ad Agrigento con Amy Stewart per esempio.
Non è la prima volta che vi esibite insieme. Come nasce l’idea di esibirti con artisti internazionali?
L’idea nasce dalla tipologia del mio lavoro. Un direttore d’orchestra come me che si interessa a questo genere musicale non può che trovare abbinamenti con altri artisti che hanno interesse per lo stesso genere musicale, col pop e la musica leggera. Ispirandomi ad un grande musicista americano, David Foster, un uomo che produce e scrive ogni tipo di musica e domani organizza un concerto con Bocelli, Barbra Streisand o con gli Heart Wind and Fire quindi contestualizza ogni concerto in un certo modo perchè l’orchestra ti permette di articolare e particolarizzare un concerto di renderlo unico rispetto a quello che propone di solito l’artista, perchè i colori dell’orchestra danno un apporto diverso.
Quali sono gli artisti internazionali con cui hai collaborato?
Oltre a molti grandi artisti italiani come Claudio Baglioni e Albano,Tony Hadley, Gloria Gaynor mio grande sogno perchè la ammiravo sin da ragazzo, Amii Stewart che venne ad un concerto e si appassionò al progetto così da allora abbiamo iniziato un sodalizio, Diane Shuur con la quale ho fatto un tour in Italia fino alla Sicilia, Arturo Sandoval un grandissimo artista che ha vinto 10 Grammy Awards con cui abbiamo fatto un lungo percorso fino a tre anni fa. Poi ho registrato un disco di jazz per la Universal e quindi di artisti americani fenomenali ne ho incontrati parecchi, parliamo di grandi musicisti come Paquito D’Rivera, Bob Mintzer, Chris Potter, Adam Deitch alla batteria.
Con Amii Stewart abbiamo fatto lo scorso Capodanno a Napoli, a Piazza del Plebiscito, davanti ad ottantamila persone, un evento eccezionale, con 22 elementi oltre me e lei. Abbiamo dovuto affittare un bus per dormire poche ore, dalla fine del concerto a Napoli fino al concerto successivo a Roma per il Primo dell’anno per Radio1 nel Teatro dell’Auditorium che era alla quinta edizione, ma stiamo già lavorando alla sesta, concerto completamente dedicato alla musica del cinema.
E’ ormai diventato un appuntamento obbligato per Roma. A cosa stai lavorando in questo periodo?
Alle prove per il prossimo concerto del 31 luglio con Tony, dove faremo una carrellata delle best-off degli Spandau Ballet e riprendiamo i pezzi più noti del gruppo e poi proponiamo il disco nuovo che si chiama “Tolking to the moon”, un disco molto moderno e dinamico con una grande spinta, a quattro anni di distanza dal nostro ultimo concerto insieme dedicato a Frank Sinatra, che celebrava i cento anni dalla sua nascita. Ma ci sarà di più, perchè ho proposto a Tony di cantare delle cover e lui ha accettato, è stato molto disponibile e versatile, una delle proposte è un pezzo famosissimo di Simon & Garfunkel.
Cos’altro hai nel cassetto?
E’ pienissimo, prima o poi tirerò fuori anche quelle idee, da sigle per le pubblicità a musiche per il cinema. Adesso sono anche diventato papà da due mesi di Alessio, una bellissima sensazione, è il mio grandissimo impegno.
@vanessaseffer