Ezio Greggio: “Il mio Drive in con Beruschi e Faletti…”

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Da sinistra: la soubrette Lory Del Santo e i comici Ezio Greggio ed Enrico Beruschi, tra i protagonisti del programma Drive In di Italia 1 (1983-1988). Ph. Olycom. Fonte: tgcom24.mediaset.it, 14 novembre 2013. Wikimedia Commons

Il grande Enrico Beruschi, titolare del tormentone dal “garbato doppiosenso” di Sanremo 1979 “Sarà un fiore”, si racconta in una lunga intervista, dove ripercorre i suoi successi e soprattutto, una serie di episodi OFF che hanno contribuito a cambiargli la vita: da ragioniere della Galbusera a beniamino televisivo in Drive In (Fonte Dagospia). Nei panni di Beruscao, il “penultimo mandingo”, sul palco di Drive In, con la sua mimica facciale, entrò nelle case degli italiani, conquistando grandi e piccini con la sua simpatia. Con lui in quello stesso format di successo che «oggi non potrebbe funzionare» a suo dire, c’era il mitico (ed emergente) Ezio Greggio, che noi di OFF abbiamo intervistato.  Redazione

E’ il volto storico di Striscia la Notizia in coppia con Enzo Iacchetti. Ezio Greggio è anche attore, comico brillante, regista e direttore, nonché ideatore del Monte-Carlo Film Festival de la Comèdie che si sta concludendo in questi giorni.

Il Monte-Carlo Film Festival è giunto alla 16a edizione: un grande traguardo…

Abbiamo iniziato nel 2001 con una missione: inserire la commedia nei circuiti dei Festival Internazionali. Uno dei primi sostenitori del nostro Festival è stato il Maestro Mario Monicelli, Presidente onorario finché è stato in vita. Desiderava elevare il genere della commedia e oggi il nostro sforzo è stato ampiamente ripagato. Abbiamo selezionato film provenienti da tutto il mondo e siamo riusciti a sdoganare un genere cinematografico: la commedia, oltre a far ridere, può anche far pensare.

Con quale collega vorrebbe lavorare?

Sfonda una porta aperta. Mi piacerebbe interpretare un ruolo con Carlo Verdone e come regista vorrei Giovanni Veronesi.

Riesce, da tanti anni, a far ridere. Come ha fatto a rimanere sempre sul podio?

Spesso in onda vediamo comici che fanno sorridere, non ridere. Per esempio, Antonio Albanese (premiato in questa edizione del Festival) fa davvero ridere. Far ridere non è facile, sicuramente devi avere delle doti naturali. Un comico deve saper guardare la realtà e riuscire a creare delle caricature in cui il pubblico si possa riconoscere.

Ha lavorato con Pupi Avati in un ruolo drammatico. Che ricordo ha di quella esperienza?

Interpretavo Sergio Ghia e questo ruolo mi valse il Globo D’Oro, premio che mi ha onorato tantissimo. Pupi Avati era convinto che potessi interpretare un ruolo diverso rispetto al mio solito: in effetti la sua scelta si rivelò vincente.

Il cabaret e Drive In hanno rappresentato il suo esordio. Che ricordi ha di quel periodo?

Drive In è stato un programma unico nel suo genere: doveva durare 13 puntate, continuò per 5 anni con 10 edizioni. È un fenomeno non replicabile e che mi lega a ricordi importanti, tra cui Giorgio Faletti: grandissimo scrittore, cantante e pilota per passione. Una volta arrivò in macchina per sorprenderci con le sue acrobazie, ma “sbagliò mira” e andò a sbattere contro il muro…la prese sul ridere anche in quella occasione.

E’ un ottimo momento lavorativo per Lei: e nella sua vita privata?

Sono felice: ho due figli meravigliosi, Giacomo e Gabriele. Giacomo si occupa di finanza a Londra, invece Gabriele farà il mio mestiere: è sempre in giro tra Londra, Los Angeles e Montecarlo e a breve debutterà. Sono di parte, ma sono convinto sia molto bravo.

C’è una persona che sente di dover ringraziare?

Ci sono tantissime persone che dovrei ringraziare. Per la tv Antonio Ricci e per il cinema Carlo Vanzina, che è stato il primo a chiamarmi.

Ci racconti un episodio off della sua vita…

A 18 anni andai in gita scolastica a Parigi e proprio in quei giorni Jean-Paule Belmondo stava girando un film: rimasti estasiato. Anni dopo ho avuto il piacere di conoscerlo e il coraggio di raccontargli che devo a lui la mia carriera da attore.