Rovazzi, Benji & Fede, Il Pagante, Roshelle e Chiara Grispo: i loro dischi si tramutano sempre in autentici successi, quando diventano – ed è capitato spesso – veri e proprio fenomeni virali e di costume. Le loro canzoni hanno un comune denominatore, che non dipende da computer, realtà aumentate, algoritmi o chissà quali pozioni magiche: il loro comun denominatore si chiama Marco Sissa, hitmaker che ama tantissimo il lavoro dietro le quinte, autentico personaggio off nell’industria musicale.
Come hai iniziato a lavorare nella musica?
Ho esordito a Brescia nel 2011 con la casa discografica Melodica Records, per poi iniziare a collaborare con Merk&Kremont; insieme abbiamo costituito un team di produzione che si è tolto parecchie soddisfazioni discografiche. In seguito ho lavorato insieme ad altri giovani italiani talentuosi come i Marnik. In tutti casi parliamo di dj e produttori quotati sia in Italia che all’estero.
E’ vero che sei un autodidatta?
A mio modo. Non ho mai applicato un metodo di studio ad un singolo strumento, ma alla musica nel suo complesso, che considero un linguaggio con regole e dinamiche tutte sue. Fattori che ho saputo fare miei (quando si dice avere orecchio…), utilizzando strumenti musicali come il pianoforte, quale puro veicolo di comunicazione sonora. Questo mi permette di essere svincolato dai generi in se stessi: posso passare dalla techno alle sinfonie, dal jazz al rock.
Hai spiegato la tua definizione di avere orecchio. Che cosa intendi invece per avere la musica in testa?
Il processo creativo che mi porta a realizzare una canzone è tutto dentro di me. Come se avessi di fronte e ascoltassi ogni strumentazione utile a finalizzare il brano; provo e registro ogni possibile variante che coinvolga voci, strumenti e diverse versioni. Arrivato a questo punto devo soltanto replicare in studio di registrazione tutto quando è già stato ben definito.
Esistono regole assolute per realizzare una hit?
Per arrivare al successo serve soprattutto la melodia del canto, qualitativa e gradevole allo stesso tempo, anche se la poi la differenza la fanno tutti gli ingredienti che compongono il brano: l’artista coinvolto, la stesura, l’arrangiamento. Il tutto condito ovviamente da una buona dose di fortuna, che non guasta mai.
Un episodio off della tua carriera?
Quando ero agli inizi venivo spesso in automobile da Brescia a Milano, per andare negli studi discografici dove lavoravo. Avevo un budget di 10 euro a viaggio, assolutamente insufficiente; così mi mettevo in prima corsia ad 80 all’ora e sempre dietro a qualche Tir – sempre con abbondante distanza di sicurezza – per sfruttare la loro scia. E quando andavo a suonare nei locali molte volte dovevo insistere per far capire che ero io il dj della serata, non un accompagnatore o un imboscato. Non mi conosceva nessuno…
Il tuo genere musicale preferito?
Un genere dance, la progressive house. La trovo da sempre molto coinvolgente, perché permette di esaltare la parte melodica di ogni composizione, per me è stata un’ottima palestra che mi ha permesso affrontare altri generi musicali.
I tuoi progetti più recenti?
Il brano This Time di Jayden featuring Celine Farach & Matluck, il nuovo progetto dei Mates, gamer tra i più famosi d’Italia; un brano per il quale ho curato la direzione artistica, ricoprendo il ruolo di produttore e autore del brano.
Sei diventato l’unico songwriter italiano che collabora con Andrew Bullimore, autore inglese tra più in auge del momento, come dimostrano i successi di Galantis, Sigala e Aloe Blacc, giusto per citarne alcuni.
Lavorare con Bullimore è sempre entusiasmante: ci stimoliamo a vicenda nelle composizioni ed entrambi siamo alla ricerca di novità, sonorità e melodie inedite. Ci sentiamo quasi quotidianamente, e spero di potervi raccontare molto presto dei nostri nuovi brani.
Nell’industria musicale si lavora meglio in Italia o all’estero?
Mi trovo molto bene a lavorare in Gran Bretagna e negli Stati Uniti, dove competenza artistica e cura del prodotto sono molto elevate. Non è colpa dell’Italia, semplicemente queste due nazioni sono su un altro livello dal punto di vista musicale; vero è che come singoli talenti gli italiani non sono secondi a nessuno. Credo che sia un problema di sistema, e credo riguardi tanti settori della nostra nazione. Siamo belli senz’anima?
Il tuo sogno nel cassetto?
Forse le colonne sonore, così come mi piacerebbe collaborare con i Coldplay, davvero magici, e con Calvin Harris, la cui visione della musica dance è davvero sublime.