«Mi capita di pensare che se avessi esordito a 23 o 24 anni avrei avuto, probabilmente, molte aspettative. Forse non ero pronto. Adesso mi sento più libero e consapevole».
Con questo stato d’animo che gli ha regalato il privilegio di fare musica per puro piacere, Tommaso Talarico, calabrese di nascita e fiorentino d’adozione, ha debuttato con l’album Viandanti – canzoni da un tempo distante (Radici music).
Undici inediti che pubblica in età matura, scritti però tempo fa: «Per anni mi sono allontanato volutamente dal mondo della musica, per via di una serie di circostanze. Non mi interessava più, ma non ho mai smesso di scrivere. Avrei potuto scegliere di inserire nel disco canzoni più recenti, ma una parte di me sentiva il bisogno di partire da queste, perché secondo me sono ancora attuali e hanno molto da dire».
Con richiami a Fossati e De Gregori, Talarico in questo lavoro canta la vita di tutti con i suoi percorsi imprevedibili, le battute d’arresto e le riprese. Come succede alle figure femminili del singolo che dà il nome al disco, che si sentono prive di ogni speranza, smarrite in una città che non le sfiora, ma poi proseguono il loro viaggio.
I dischi in vinile che il papà aveva in casa hanno formato il bagaglio musicale di Tommaso, che sulle foto di famiglia appare mentre a quattro anni imbraccia una chitarrina giocattolo. «La prima chitarra vera fu un regalo di mio nonno. Ho suonato la classica, con una certa sofferenza, fino a 15 anni. Poi, finalmente, sono passato a strimpellare le prime canzoni. Credo che volessi far colpo ai falò estivi sulla spiaggia», racconta.
Affacciatosi non giovanissimo sul mercato discografico, Talarico è ingegnere e si occupa soprattutto di progettazione di strutture in zone sismiche. «Molti pensano che quello dell’ingegnere e del cantautore siano due mondi antitetici, in realtà io trovo molti punti di contatto. La musica è in fondo fantasia imbrigliata dalla matematica, dalle sue leggi. E dopo l’ispirazione iniziale, scrivere una canzone ha a che fare con la progettualità».
Quanto alla musica di oggi, l’ingegnere cantastorie dice di non amare molto l’indie: «Ho come l’impressione che, soprattutto nei testi, si tenda troppo a guardarsi l’ombelico. Credo che dovremmo fare tutti uno sforzo, me compreso, per raccontare meglio il mondo che abbiamo attorno, le sue contraddizioni».
Dopo l’uscita di Viandanti, Tommaso ha ricominciato a scrivere: «Spero di avere la capacità di rinnovarmi e cercare strade nuove; non mi piace l’idea di essere etichettato come “cantautore classico”, anche se in questo mio primo lavoro ci sono eredità evidenti, e in fondo è giusto così».