Nel Def che si discute in questi giorni l’aumento dell’Iva – dicono gli esperti – è solo sterilizzato e ci sarà… dovrà esserci, purtroppo, dal 2020. Così sia.
In controtendenza rispetto a questa funesta previsione, proponiamo un abbassamento dell’Iva in un settore particolare, quello dell’arte contemporanea.
E, per questo, sollecitiamo il Ministro della Cultura, Alberto Bonisoli, a prendere in considerazione questa ipotesi e farsene promotore. Ci sono già settori della cultura che godono di un’Iva agevolata al 4%, per esempio l’editoria, in considerazione dell’importanza che lo Stato riconosce ai libri e in generale ai prodotti ad essi legati: giornali, periodici, cataloghi.
L’arte, essendo considerata un bene di lusso, non usufruisce di alcuna agevolazione e l’iva applicata alle gallerie o ai mercanti è del 22%, cui si deve aggiungere il diritto di seguito (in favore dell’artista), che può arrivare ad un altro 4% sul prezzo dell’opera.
Una disparità tra libri e quadri, che non è semplice comprendere, visto che l’arte contemporanea è un veicolo di cultura quanto lo è un prodotto editoriale. Con l’ulteriore paradosso che si agevolano gli editori, che sono gruppi industriali con fatturati talvolta di miliardi di euro, mentre anche la galleria più grande in Italia non supera i 25 milioni, e le gallerie normali spesso non ricavano che poche migliaia di euro.
Un’iva molto alta per i galleristi (22%), abbastanza alta per gli artisti (10%), alta per le importazioni (10%), oltre una serie di varie complicanze burocratiche, “relegano” il nostro Paese al primo posto tra i più cari in Europa e determinato un mercato dell’arte molto piccolo, con una quota appena dell’1% sul totale del mercato globale.
Eppure, il mercato dell’arte mondiale vale 80 miliardi di dollari all’anno ed è in forte crescita. Abbassare l’iva e agevolare gli operatori e gli artisti porterebbe ad aumentare le vendite, aumentare i ricavi e in prospettiva aumentare le tasse sui ricavi. Sarebbe lungimirante e culturalmente importante.