Ironica quanto basta e sensuale quando vuole, un vulcano di carisma e vitalità, sempre: Chiara Francini, artista eclettica con importanti ruoli sul piccolo e grande schermo, conduzioni al fianco di pilastri della tv come Pippo Baudo e un esordio letterario con 45.000 copie vendute e otto ristampe, si racconta ad OFF in un momento di pausa dal frenetico tour promozionale del suo nuovo romanzo Mia madre non lo deve sapere, uscito a maggio e già in ristampa.
Dalle aule della facoltà di lettere dell’università degli studi di Firenze al Teatro della Limonaia di Sesto Fiorentino. Qual è stato il momento ufficiale in cui da italianista, laureata con 110 e lode, è divenuta attrice professionista?
Mi sono formata artisticamente frequentando la scuola del Teatro della Limonaia, nei primi anni 2000: non si è trattato di un percorso formativo classico bensì di una crescita vitale che mi ha sfamata giorno dopo giorno, tramutando tanti sogni in vivide concretezze. Devo tutto a Barbara Nativi (direttrice del Teatro della Limonaia ndr) che ha gettato le basi per il mio futuro da attrice: il primo passo verso la mia carriera fu quando mi scelse per recitare in Noccioline.
Con l’energia esplosiva che la contraddistingue è giunta anche in tv e al cinema. Tanti ruoli in film e fiction e altrettanti come conduttrice. Qual è il suo palcoscenico preferito?
Ogniqualvolta accetto un progetto, lo sposo appieno, lo amo con lo stesso trasporto. Devo ammettere, però, che la tv e il cinema sono sorrisi, telefonate d’amore. La scrittura, invece, sono gli abbracci.
Un episodio OFF della sua carriera?
Sono sempre off ma, su due piedi, mi viene in mente un episodio accaduto giusto qualche settimana fa: ero in ritardo ad un importante appuntamento di lavoro e mi sono cambiata gli abiti in macchina, proprio come quando ero ragazzina. D’altronde sono sempre la Chiara “from the block”.
Riesce ad affrontare con ironia e freschezza tematiche delicate come le nuove identità di genere raccontate nel programma Love Me Gender. Com’è nata l’idea di questo programma? Cosa le ha insegnato?
La produttrice Simona Ercolani mi ha proposto questo progetto e l’ho condiviso subito: è stato adorato dalla critica, il programma più visto su Sky. Ho scoperto e dimostrato che non esiste una sola forma d’amore, che la meraviglia dell’umanità è proprio l’imperfezione. Ho avuto la conferma di quanto sia importante cadere, perché in realtà le ferite sono medaglie della vita».
La tematica dell’omosessualità la affronta anche nei suoi libri Non parlare con la bocca piena e Mia madre non lo deve sapere. Come mai questa scelta?
Non è una scelta bensì un’idea di amore fluido, oltre ogni identificazione di genere. Per me la famiglia è amore e dedizione, è condivisione, un luogo caldo che nutre un bambino, rendendolo capace di amare, senza distinzioni.
Come è nata l’idea di afferrare la penna e diventare anche scrittrice?
Inizialmente avevo intenzione di scrivere una storia per un film con protagonista una donna che non fosse una “madonnina in presepi maschili”, bensì che restituisse dignità alla figura della donna, madre, sorella, amica, figlia. Un ruolo corposo, sfaccettato. La forma più semplice e spontanea è stata scrivere un romanzo con un personaggio normalmente speciale che ha catturato il pubblico ed è diventato un bestseller.
Chiara, Federico, Giancarlo, Orlanda: questi i nomi dei personaggi del libro che in realtà fanno parte della sua vita reale. Oltre a tanti dettagli che richiamano sue abitudini. Come mai?
Ognuno di noi scrive di ciò che è e di ciò che conosce. I miei romanzi non sono altro che un puzzle di ciò che ha carpito la mia attenzione in modo positivo e negativo. Tra i personaggi, che spesso hanno nomi dei miei affetti, vi sono pezzi di me, delle mie unghie, dei miei difetti.
“L’amore non è un sentimento perfetto ma perfettibile”. Quali sono per lei gli ingredienti per perfezionarlo?
La consapevolezza di ciò che si è e di ciò che si vuole è l’unico viatico per la felicità. Dobbiamo vivere raccontandoci sempre la verità, modellando l’amore come il pongo e convincendoci che l’imperfezione è sinonimo di unicità.
“Cadere è fondamentale. Abbassarsi mai” afferma nel suo libro. Sicuramente, come tutti, sarà caduta tante volte e si sarà rialzata sempre più fortificata, pronta a prendere la rincorsa. Dove è diretta adesso?
Già, la sconfitta è pedagogica e la pedagogia della sconfitta fa crescere. Ora sono in piena corsa, voglio continuare a prendere per mano questo mio secondo romanzo, con profonda gratitudine verso i lettori. Sento il bisogno di abbracciare la gente che ha saputo cogliere le sfumature, i colori del mio carattere, dei miei romanzi, imparando a volermi bene.
Domanda d’obbligo: cosa non deve sapere sua madre?
Purtroppo sa già tutto, è il mio grillo parlante: come t’ho fatto ti disfo, mi dice sempre.