Utile. Didattico. Vero. Crudo. Spietato. Anche odioso, a tratti. Un libro che “ti prende” e ti sconquassa. Cattura il voyerismo 2.0 e lo asseconda, lo ingrassa, lo soddisfa.
Il Mistero Blue Whale (edizioni Kimerik, 271 pagine, 2018) è volutamente scritto in italiano condominiale, che non spaventa il lettore medio piccolo, anzi lo sazia e lo educa allo stesso tempo. Quelle pagine sono piene di asfissianti silenzi familiari; carnefici e vittime vivono nelle medesime stanze putride, e anche no. Poveracci pasoliniani e borghesucci da seconda repubblica dichiarano, anche non volendo, la sconfitta di uno sconclusionato modello familiare.
La “famiglia per caso” svela, infine, la propria debolezza, mentre i figli, quasi rifiutati, cadono nelle mani di loschi adulti senza scrupoli, che si giocano a dadi le inutili vite di adolescenti abbandonati alle malebolge del web. Ogni suicidio, poi, è una battaglia persa. E si va avanti, di pagina in pagina, come se non ci fosse un Dio. Che, invece, c’è!
L’autore, Felice Diego Licopoli, andrebbe ospitato nei licei, nelle scuole medie, nelle case, magari. Per parlare coi genitori 1 e 2, giusto per renderli Padre e Madre. Chissà che, Dio lo voglia!, al prossimo corteo ci vedremo sempre meno famiglie strane, differenti, meno zombie e sempre più vere famiglie, unite e affiatate. Con figli sereni ed educati. O, chissà, anche meno cortei e meno adolescenti che rincasano, ubriachi o sfatti di droga, alle tre di notte, mentre i genitori (1 e 2, forse anche 3) si fanno i cazzi loro, incuranti della sorte di chi hanno messo al mondo.
Il Mistero Blue Whale è, dunque e soprattutto, questo: una foto di disagi personali degli adulti, che si riflettono sul difficile compito di diventare “grandi” degli adolescenti. Tanto da scegliere di farla finita… Che brutto mondaccio stiamo costruendo…