Inglese nella signorilità, italiano nella cordialità, americano nei personaggi da duro che incarnava. L’essenza di Ray Lovelock si potrebbe racchiudere in questa virtuosa mescolanza tra le migliori virtù di tre popoli.
Ray, di padre britannico, era nato a Roma, laboratorio cinematografico d’ eccellenza, dove si abbeveravano anche le eccellenze d’oltreoceano.
Già a 17 anni, nel 1967, assaggiava il western, altro filone dove facemmo scuola, con Se sei vivo spara. Il ruolo da duro gli rimase ammantato addosso per molti anni, a lui, così gentile e di animo nobile.
Nell’anno della contestazione lo chiama Carlo Lizzani nel suo Banditi a Milano ma è con Cassandra Crossing, thriller tratto da un romanzo di Robert Katz, che si consacra.
Nel frattempo esplora anche l’esperienza della musica, cantando nel Tomas Milian Group, incidendo da solista per la CGD e componendo anche alcune canzoni per le colonne sonore dei film Il delitto del diavolo (Le regine) e Uomini si nasce poliziotti si muore.
Lui e Tomas erano grandi amici e il fato ha voluto accomunarli anche nel medesimo anno di scomparsa.
Dopo aver dato tanto al grande schermo si dedica esclusivamente a produzioni televisive, smettendo i panni del trucido e prestando il suo volto e i suoi occhi puliti a personaggi più positivi e rassicuranti.
L’altra sua grande passione fu sempre il calcio. Tifosissimo della Lazio, è stato per anni indefesso animatore delle iniziative della Nazionale ItalianAttori.
Due settimane fa a Trevi, dove Ray si era ritirato, il suo mondo gli aveva tributato una commovente partita d’addio con lui a bordo campo, già gravemente malato.
«Con Ray passavamo i Natali insieme a casa sua con la figlia Francesca e la famiglia- il ricordo del nostro direttore Edoardo Sylos Labini, suo caro amico- facevamo grandi partite a Mercante in fiera di cui conserverò sempre uno splendido ricordo. Era un uomo di grande dolcezza, simpatia, semplicità, un grande signore dal savoire faire tipicamente inglese ma dalla genuinità romana, era un anglo-romano straordinario».
In un mondo come quello dello spettacolo abitato da invidie, gelosie e primedonne, nessuno riesce a pronunciare per Ray una parola di circostanza, come si usa in questi casi, quando magari da vivi i rapporti non sono stati idilliaci. Tutti sono sinceramente commossi e addolorati nel ricordarlo.
«Il nostro Ray, com’era solito fare con i suoi illuminanti passaggi a centrocampo, ha dettato con precisione anche i dettagli della sua uscita dal campo di gioco della vita- le parole di Enzo Decaro– una bellissima indimenticabile festa calcistica e nel sociale solo pochi giorni fa nell’amata Trevi in un contesto di gioia e amore vero, momenti vissuti con dignità, discrezione, passione e sobrietà… insomma tutto quello che Ray è sempre stato, in campo e fuori Immancabile sigaretta rigorosamente consumata nell’intervallo. Poi giusto il tempo di preparare l’animo per il grande viaggio (il corpo era già pronto) e via in silenzio pace e riposo. Certo.ci mancherai…ma che fortuna averti avuto accanto, in scena, sul set e nella metà campo avversaria».
Daniele Pecci ha voluto commemorare il collega scrivendoci queste righe:
Poche righe di getto, per salutare Ray. Per chi lo conosceva poco, per chi era un grande amico, per chi lo aveva seguito nel suo lavoro, per chi semplicemente lo ammirava. Come me. Quando penso a lui, ho di fronte soprattutto un’immagine; negli spogliatoi di un campo di calcio (sport che amava alla follia), nudo, in piedi, poggiato al muro, con la sigaretta al lato della bocca, e un mezzo sorriso ironico, a metà fra l’appagamento del dopo partita e l’aria di chi sembra dire: “e chi ce la fa più?” E chi se non lui? Aveva il corpo di un bronzo di Riace e la calma olimpica di quegli eroi. Una calma e una quiete che piacevano a tutti. Così come la sua casa, bella, accogliente e con dei tappeti rossi che davano sempre l’impressione che fosse festa. Di lui ho sempre sentito dire: “E’ un gentiluomo.” E’ vero. Ma la dignità, la forza e il coraggio di come ha affrontato l’addio ai suoi amici e compagni solo un paio di settimane fa a Trevi, mi rimarranno dentro. Ciao Ray, non mi scordo di te.
Lo conoscevo poco Ray – il ricordo di Marco Risi – mi aveva soffiato un ruolo nel film di Monicelli Toh è morta la nonna e qualcuno dice che un po’ gli somiglio. Mi dispiace tanto che non ci sia più e non mi va di pensare che non possa più correre sulla fascia con la sua cavalcata elegante nella squadra di calcio degli attori. Ciao Ray, divertiti di là.
Si dice che il paradiso sia quel posto in cui gli amanti sono francesi; i cuochi italiani; i meccanici tedeschi; i poliziotti inglesi. Ma anche dove Ray e Tomas sono tornati a cantare insieme.
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