Ciavarro: “Nella vita ho fatto di tutto. Ora promuovo il turismo a Lampedusa”

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massimo-ciavarroC’è chi comincia dal teatro e chi in teatro ci arriva dopo una lunga carriera. E’ il caso di Massimo Ciavarro, attore lanciato dai fotoromanzi e adottato da cinema e tv, dalla scorsa stagione sui palcoscenici della penisola con Un’ora di tranquillità accanto a Massimo Ghini e Galatea Ranzi. Scritta dal francese Florian Zeller, la commedia è stata definita una macchina drammaturgicamente perfetta, spassosa e intelligente, al punto che oltralpe è anche diventata un film campione d’incassi, firmato da Patrice Leconte e interpretato da Christian Claviert e Carol Bouquet. Da noi il successo non è minore: prodotto da La Pirandelliana, lo spettacolo ha registrato il tutto esaurito nei teatri che lo hanno ospitato. E ci si prepara a fare altrettanto a al Nuovo di Verona, dove è atteso dal 20 dicembre, e al Quirino di Roma, in cartellone dal 25 dicembre all’8 gennaio. Ne è soddisfatto Ciavarro, a lungo corteggiato dal teatro, a cui aveva sempre dato due di picche. E ora che ha ceduto, grazie all’amico Ghini, si è scoperto innamorato. Del teatro e anche del suo lavoro.

Massimo, quale ruolo ha nello spettacolo?

“Un’ora di tranquillità” è una commedia che mette in scena, con una chiave comica, le miserie umane e tutto ciò che di scorretto c’è nelle persone. Io sono il miglior amico del protagonista, Michel, interpretato da  Massimo Ghini. Abbiamo un’amicizia trentennale, ma improvvisamente Michel  scopre che in tutti questi anni ho mantenuto un segreto: ho avuto una relazione con sua moglie Nathalie. Irrompo nell’ultima mezz’ora dello spettacolo, felice di andare a trovare per un aperitivo il mio amico Michel, ma nel frattempo sua moglie gli ha raccontato tutto, così io dalla totale tranquillità casco nella depressione più completa; nello stesso tempo provo anche una strana felicità, dovuta al fatto che mi sono liberato dello scomodo segreto.

Un’ ora di tranquillità segna un doppio debutto: il suo a teatro e quello alla regia teatrale di Massimo Ghini. Com’è stato essere diretto da lui?

Nella mia lunghissima carriera non avevo mai fatto teatro, nonostante le tantissime proposte ricevute da quando ero giovanissimo. Turi Ferro, quando lavorammo insieme per la prima vera fiction della Rai, “E non se ne vogliono andare”, mi propose di fare “Il bell’Antonio” a teatro, nella parte di Antonio. Sarebbe stato un esordio teatrale pazzesco, ma io a quei tempi rifiutai, non so bene perché, forse il teatro non mi attraeva. Tornando ai nostri giorni, ero impegnato in un lavoro per Canale 5, “Matrimoni e altre follie”,massimo-ghini-e-massimo-ciavarro con Massimo, quando lui mi ha detto che stava mettendo in piedi uno spettacolo e gli sarebbe piaciuto che ci fossi. Era febbraio, lo spettacolo si sarebbe fatto a dicembre. Pensavo a come fare a dire di no ad un carissimo amico, ma nel frattempo lui è stato molto coinvolgente, ha seguitato a parlarmi di questo progetto. Finita la fiction, sono andato a Lampedusa, dove organizzo tutti gli anni la rassegna cinematografica “Il vento del Nord”. Qui me lo sono ritrovato con la sua valigetta e il copione, abbiamo cominciato a leggerlo e ad un certo punto non ho più potuto dirgli di no. Avevo un po’ di ansia sia per il teatro in sé, sia per il dover stare dei mesi in tournée. Ma una volta rotta l’emozione della novità e del rapporto con il pubblico mi sono ritrovato a fare una cosa che mi piace tantissimo. La scorsa stagione  abbiamo girato l’Italia per quattro mesi. Abbiamo ripreso lo spettacolo quest’anno e ora sto cercando addirittura uno spettacolo per il prossimo, nonostante credo faremo un’ulteriore ripresa, visto il successo che questa commedia sta riscuotendo. Quanto a Massimo come regista, è andata benissimo. Con gli attori che sono registi mi trovo molto meglio, ho già provato un’esperienza di questo tipo con Sergio Castellitto in “Nessuno si salva da solo”. I registi che recitano capiscono più cose di quelli che non sono attori, ti fanno vedere quello che  spiegano.

Lei ha mai pensato alla regia?

No, assolutamente no, la mia natura non è artistica. Nel mondo del cinema ho fatto il produttore e per alcuni film e molti cortometraggi,  oltre ad essere il produttore, ero anche l’organizzatore generale. Sono una persona pratica.

Il protagonista dello spettacolo è un uomo che cerca disperatamente un momento di solitudine e serenità. La sua ora di tranquillità a cosa corrisponde?

Gli unici a godere di questa tranquillità del titolo sono gli spettatori, poiché lo spettacolo è talmente coinvolgente, fa ridere continuamente, che finalmente la gente stacca dai problemi che tutti noi abbiamo in questo periodo storico. La mia ora di tranquillità personale fino a qualche anno fa era in campagna, a lavorare nel mio orto. Adesso ho lasciato la campagna e sono molto spesso a Lampedusa, dove mi sento veramente tranquillo quando sto in mezzo al mare, a pesca sulla mia barchetta.

Sulla sua pagina Facebook alla voce biografia scrive: Sono attore e tanto altro. Per cosa sta questo tanto altro?

Scrivo tanto altro perché nella mia vita ho realmente fatto tanto altro. Ho avuto una piccola impresa di costruzioni, un’azienda agricola, ho fatto il produttore, adesso mi occupo di promuovere il turismo a Lampedusa.

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E’ stato anche scrittore.

Sì, l’anno scorso è uscito il mio primo libro, “La forza di cambiare” (Edizioni Piemme, scritto con Susanna Mancinotti, ndr), e adesso sto pensando anche a qualcosa di non più autobiografico,  un racconto. Penso sempre a una trama che mi gira per la testa e spero di riuscire finalmente a metterla nero su bianco.

Questa forza di cambiare che dà appunto il titolo al suo primo libro pare averla sempre accompagnata nelle sue decisioni. Ma c’è professionalmente qualcosa che rimpiange, un’occasione perduta, un no di cui si è pentito?

Non mi sono mai pentito di nulla, ho detto tanti no e quello più eclatante è stato sicuramente quello che ho ricordato prima, detto a Turi Ferro. Ma se rifiutavo delle offerte era perché avevo in testa altri progetti e sono contento di tutto ciò che ho fatto. Ho cominciato a fare l’attore a causa di uno sconvolgimento familiare, quando ero ragazzino. Mio padre è morto e i miei primi fotoromanzi servivano per mandare avanti la famiglia.

Ha cominciato per un’esigenza familiare, ma immagino che poi si sia appassionato a questo lavoro. Cosa le piace del mestiere dell’attore?

Non ho mai sgomitato e, a differenza di tanti altri, non mi è mai piaciuto stare davanti alle telecamere. Ma ora sto provando un grande piacere con il teatro. Con questo spettacolo siamo arrivati alla centesima replica, ma ogni sera non è mai uguale alla precedente, trovi un pubblico nuovo; proprio ieri sera ho recitato la mia parte in maniera diversa, non mi annoio mai.