Sino a novembre al Macro “Roma Pop City 60-67”: in mostra 100 opere per raccontare il cambiamento “pop” della Capitale
Chiamatelo Pop, popular, o semplicemente popolare. E’ uno degli slogan più utilizzati nell’arte della seconda metà degli anni Sessanta, per il recupero di una formula artistica di tipo pittorico e figurativa. E’ quel ponte che ci porta al Sessantotto, l’anno della “rivoluzione”, non solo storica e culturale, ma anche visuale e strutturale. E’ quel periodo storico protagonista della mostra “Roma Pop City 60-67“, sino al 27 novembre al Macro, promossa da Roma Capitale – Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali e curata da Claudio Crescentini, Costantino D’Orazio, Federica Pirani.
In esposizione oltre 100 opere, fra dipinti, sculture, fotografie e tanto altro, che hanno come protagonista la Roma dei primi anni ’60, trasformata e rivissuta mediante l’immaginario visivo degli artisti della cosiddetta Scuola di piazza del Popolo, e dei suoi dintorni. Uno dei momenti artistici più esaltanti per l’Urbe, ricca di stimoli intellettuali e sperimentazioni, grazie a quell’intensa attività artistica e culturale tipica di una città che cambiava (o cercava di cambiare) pelle.
Merito di artisti come Franco Angeli, Umberto Bignardi, Mario Ceroli, Claudio Cintoli, Tano Festa, Jannis Kounellis, Francesco Lo Savio, Fabio Mauri, Mimmo Rotella, Mario Schifano e Cesare Tacchi, con un posto a parte riservato a Titina Maselli che per prima ha interpretato, con colori acidi e fluorescenti, l’iconografia delle periferie urbane.
Sono stati loro i fautori della rivoluzione che ha trasformato la Capitale in arte, traendo spunti dal reale per renderlo surreale, iconico, onirico. Sono lori i rappresentanti di quel gruppo che ha abbattuto i rigidi confini della pittura informale degli anni Cinquanta promuovendo un immaginario che fondesse urbanità e consumismo con il recupero dell’immagine e della figurazione storica dei movimenti italiani del primo Novecento.