Riportare i cervelli (in fuga) in Italia, anche a costo di rapirli

0

Nell’edizione 2016 del Bif&st abbiamo avuto modo di vedere due film, che a proprio modo e con una propria poetica, cercano di ribaltare gli schemi o quantomeno il nostro immaginario. Se in “Banat” di Adriano Valerio il protagonista ci stupiva perché emigrava da Bari nei paesi dell’Est trovando lavoro lì, in Amo la tempesta di Maurizio Losi accade qualcosa di significativo, sempre legato all’ambito lavorativo. Con un tono leggero e da commedia delicata, l’opera prima del regista lombardo prende la questione dei cervelli in fuga per tematizzarla in un modo apparentemente bizzarro, capace però di commuovere e lanciare frecciate. «Più che dare soluzioni economico-sociali, il film vuole raccontare il panorama emotivo dei genitori che vedono partire i propri figli», ha raccontato Losi.

All’inizio Amo la tempesta impiega un po’ per decollare, ma da quando si va on the road sul bus della scuola tutto acquista più ritmo. Tutto parte da un “moto rivoluzionario” di genitori che con sacrifici hanno magari mandato i propri figli all’estero (in questo caso in Germania) e oltre a ritrovarsi soli, riflettono anche sullo stato di salute dell’economia italiana e cosa quest’emigrazione abbia provocato da noi. Ormai è cementificata in noi l’idea che l’Italia non sia un paese per giovani, ma questo gruppo di padri e madri di un intero quartiere non lo accetta come dato di fatto e si organizza per compiere un’impresa senz’altro favolistica, ma che lancia degli input da raccogliere. Angelo (un Nando Paone assolutamente in parte), autista di scuolabus, riceve l’incarico dagli altri genitori di rapire i ragazzi e riportare questi cervelli in fuga da loro e nel nostro Paese così da farlo ripartire.

Il risultato è una commedia dolce amara che, man mano che la storia si dipana, riesce a coinvolgere sempre più strappando anche sorrisi teneri, mixati con momenti estremamente divertenti e surreali (vedi l’incursione di Giobbe Covatta).

In Amo la tempesta emerge anche sottilmente cosa significhi fare i conti con la propria fragilità oltre che con quella del cosiddetto sistema. Non si ha timore di mostrare che per quanto chi ci ha messo al mondo possa volerci bene, parallelamente, può diventare – inconsciamente e non – egoista.

Molto bella è la lettera di Marina (una Maya Sansa sempre molto intensa non solo nel tono, ma anche nel volto) ad Angelo, che a suo modo funge quasi da “Trilly” per lui così come per lo spettatore di turno, stimolando diversi livelli di lettura.

Completano il cast Leonardo Lidi, Chiara Anicito, Eleonora Giovanardi, Annamaria Troisi, Tomas Leardini, Antonio Randazzo, Daniele Pitari, Tony Sperandeo, Maurizio Donadoni, Roberto Lidi, Ugo Dighero, Elisabetta Pozzi, Enzo Iacchetti, Ferruccio Soleri, Vito, Christoph Hulsen.

Presentato nella sezione “Nuove proposte” del Bif&st 2016, auguriamo ad Amo la tempesta di trovare una prossima distribuzione in sala.