E’ “lui” il marchio d’artista onnipresente nelle sue opere: un esserino rosso, simile ad una macchia, con bocca, denti ed arti. Che viaggia e vive in un cosmo privo di categorie ma carico di spiritualità…
Il simbolismo diventa pop, la spiritualità si fa ancora più surreale, il serio si trasfigura in bizzarro: sono queste alcune delle caratteristiche che hanno reso Elio Varuna, romano, classe 1975, uno dei più grandi artisti neo-pop in Italia. I suoi lavori si caricano d’immagini bizzarre e ambienti stravaganti, creando dimensioni ultraterrene popolate da esseri nati per caso. Parliamo di Tuty, una simpatica creatura rossa, simile ad una macchia, dotata di bocca, denti ed arti, Lontano anni luce dalle canoniche categorie di spazio e tempo, “lui” diventa espressione di ricerca spirituale e metafora d’arte.
Varuna ha esposto in molte gallerie e prestigiosi musei pubblici, in Italia e all’estero. Nel 2008 è stato scelto dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali per rappresentare la giovane arte italiana alla X Settimana della Cultura. Ed è stato l’unico artista italiano invitato ad esporre nel 2009 alla Biennale di Shangai. Al momento è uno dei protagonisti della mostra Cornucopia Obsession #foodporn, presso il ristorante Il Margutta vegetarian food & art di Roma: il leit motiv delll’esposizione è quello di raccontare tutti i contrasti del cibo, inteso come nutrizione e come abbondanza, piacere e condanna, tradizione e globalizzazione.
Da quali grandi artisti ha attinto Elio Varuna per il raggiungimento del suo stile?
I miei studi e la mia ricerca riguardano principalmente il regno della Metafisica, e Dio Creatore è il mio primo ispiratore: penso al Cosmo e agli Elementi, soprattutto. Sul piano teorico mi stimolano più i filosofi che gli artisti, e da certi processi mentali muovo il meccanismo che genera la mia arte. Se devo pensare, però, ad un artista, il primo nome che mi viene in mente è quello di Yves Tanguy.
Ma quando parli di filosofi, di chi parli?
Tre pensatori immensi: il greco Plotino, l’indiano Abhinavagupta e il cinese Chuang-tzu.
E qual è il ruolo del Tuty in questa tua ricerca di Dio?
Tuty è l’Avatar del mio mondo ideale, è la discesa su questo mondo della divinità. Tuty permea la realtà in maniera sottile, c’è anche quando non si vede; è artefice della vita stessa, crea legami.
Perché l’hai disegnato proprio così?
L’ho disegnato in una notte del 2005, subito dopo averlo sognato. Stavo facendo pratica con la tecnica dei cosiddetti “sogni lucidi”, quando improvvisamente questo esserino è comparso nella mia realtà onirica. Da quel momento non ho più smesso di pensarlo e, conseguentemente, di crearlo in ogni modo.
La scelta di Tuty, come quello di proporre un soggetto ricorrente nei quadri aiuta o penalizza l’artista?
Credo che il linguaggio visuale di un artista sarà infine riconosciuto per una immagine universalmente riconosciuta, o per l’utilizzo di un colore/simbolo. Ovvero per una metafora. In questa sorta di mistero da svelare c’è l’essenza e la forza dell’Arte.
Dall’Europa all’Asia, senza tralasciare le Americhe: confrontandoti con mondi e stili diversi, ti sarà capitato di fare confronti con il nostro scenario artistico. Secondo te, cosa manca in Italia?
È una questione di Spazio e di Tempo. Ogni civiltà ha lasciato e lascerà il suo segno, in uno specifico momento. L’Italia, tralasciando l’ovvietà delle vestigia antiche romane, è da tutti amata e studiata per il suo trionfo classico e barocco, espresso soprattutto nelle forme dell’architettura e dell’arte sacra. È grazie al suo passato che l’Italia rappresenta l’eternità, e di ciò bisogna farsene una ragione perché mi sembra che sia il futuro la cosa che più manca all’Italia. Potremmo crescere in tutto, e meglio di chiunque altro considerando le nostre radici, ma l’illusione democratica del moderno Leviathan politico non ce lo permette. Occorre rompere gli schemi, essere intransigenti, nutrirsi di sana follia e mantenere viva la luce e il fuoco, in questa Età Oscura.
E Tuty come combatte questa età oscura? Dopotutto, nei tuoi quadri, spazio e tempo sono concetti decisamente astratti…
Nella realtà il Kali Yuga non si combatte: si subisce stoicamente, e basta. Ma per grazia degli dèi nel regno della surrealtà predomina la categoria della sussistenza e degli infiniti limiti dell’assurdo Tuty è il testimone. Dopotutto l’astrazione è una eroica resistenza all’eccesso di realtà.
Dove potremo ritrovare Tudy tra 10 anni? Ci sono progetti in ballo?
In questi primi dieci anni Tuty ha girato il mondo, tra musei e gallerie d’arte, ma anche attaccato sui muri delle città, o sotto forma di gioielli e oggetti di design. È in centinaia di case di estimatori e ha collaborato con aziende e brand internazionali. È bello sapere che la sua semplicità e il suo sorriso siano in costante empatia col mondo circostante. Vorrei per i prossimi dieci anni continuare a girare il resto del mondo insieme a Tuty, e diffondere un messaggio di trascendenza, oltre l’apparenza.