Si chiama Roba Lieve il primo album dei La Rosta. Nella toponomastica di una città della provincia emiliana il nome di un famoso quartiere popolare, in musica il nome scelto per il progetto musicale della “strana coppia” Massimo Ghiacci (Modena City Ramblers) e Marco Goran Ambrosi (Nuju). Il disco, uscito il 9 ottobre, distribuito della ICompany, comprende undici brani combinati tra suoni acustici e trame elettroniche, intrise di sapori mediterranei e padani, in bilico tra folk e new wave, tra il cantautorato italiano degli anni ‘70 e il country rock alternativo dei nostri giorni.
Scritte e registrate nella mansarda di casa, con un microfono, un computer e una marea di strumenti acustici, elettrici ed elettronici, le canzoni sono state rifinite e mixate da Andrea Rovacchi nello studio Bunker di Rubiera (RE). Testi che superano il convenzionalmente inteso, tra orizzonti emotivi e derive oniriche. Suono trascinante, ballate avvincenti. Canzoni italiane ed autobiografiche quelle di Roba Lieve, disco che annovera brani in cui echeggiano momenti di vita, passioni ed ostacoli della realtà frenetica. Liriche sonore, inni all’esistenza, esortazioni a non arrendersi. Ricordi, storie di lotte, storie fatte di resistenza, di condivisioni, di amore, di attese, di mille solitudini quotidiane nascoste sotto la pioggia del tempo ma anche voglia di futuro, di sogni.
Echi del Bennato busker di quarant’anni fa s’insinuano in una scrittura in delicato equilibrio tra psichedelia, elettronica e folk. Il calore del suono acustico del bouzouki s’ibrida con l’elettricità di una chitarra elettrica western sul battito di una batteria elettronica. Un suono meticcio e senza tempo, il suono dei La Rosta!