Al cinema ha interpretato il boss Valentino Gionta in Fortapasc di Marco Risi, in tv Antonio Bardellino ne Il clan dei camorristi. Oggi Massimiliano Gallo, figlio di Nunzio, esponente di primo piano sulla scena musicale napoletana a partire dagli anni Cinquanta, torna nelle sale con Per amor vostro di Giuseppe Gaudino. Il film, che alla Mostra del Cinema di Venezia è valso la Coppa Volpi per la migliore interpretazione femminile a Valeria Golino, lo vede protagonista nel ruolo di Gigi Scaglione, padre di famiglia violento e usuraio senza scrupoli. Ma come ci si addentra nel male? Come fa un attore ad immedesimarsi con un personaggio senza possibilità di redenzione? Ce lo racconta lui stesso.
Come sei riuscito a rendere credibile un personaggio così negativo come quello di Gigi Scaglione?
Mi sarebbe piaciuto avere modo di lavorare su qualche sfumatura positiva del personaggio ma poi, lavorando con Gaudino, ci siamo accorti che non c’èra possibilità di giustificarlo. Gigi Scaglione doveva essere un personaggio netto in modo da essere funzionale al percorso di riscatto di Anna Ruotolo (interpretata da Valeria Golino, n.d.r.). E’ stato molto faticoso per me girare delle scene di violenza domestica che mi risultavano pesanti da un punto di vista psicologico.
Da dove trai ispirazione per interpretare personaggi così violenti?
Non è poi così difficile trarre ispirazione dalla realtà riguardo agli episodi di violenza visto che siamo un Paese ancora molto indietro rispetto al femminile. Con Gigi Scaglione ho messo in scena un uomo che esiste e che bisognerebbe mettere sotto una lente di ingrandimento per far riflettere. Scaglione è un personaggio pieno di rabbia e del tutto incapace di amare e di comunicare con la propria famiglia.
Come dialoghi con il male anche rispetto ai malavitosi che hai interpretato spesso nella tua carriera?
Rispetto a Gigi Scaglione il percorso è stato diverso. In lui non ci sono tratti di umanità. Nei malavitosi che ho interpretato, anche quando erano dei boss, mandanti di numerosi omicidi riscontravo un grande amore per la propria famiglia. Immaginavo che avessero avuto un percorso di vita difficile ma che fossero comunque capaci di amare. Mi facevano pensare a tutti i latitanti che venivano traditi proprio dalla voglia di telefonare alle proprie compagne o alle madri.
Non interagisci con il tuo lato oscuro tramite le loro storie di vita?
Ogni attore dovrebbe fare un grande lavoro di introspezione. Io insieme ad una psicologa sono da tempo impegnato in dei corsi di teatro terapia che mi hanno aiutato a trovare delle nuove chiavi di lettura per i ruoli che interpreto. L’attore non ha possibilità di nascondersi perché questo è importante sottoporsi a de i percorsi terapeutici che ti danno la forza di aprirti senza paura e di superare quei dolori che possono eventualmente frenarti.
Il bello del film di Gaudino è che tutti i personaggi sono raccontati sul filo dell’ambiguità, la stessa Anna non è esente dal peccato di omertà.
Senz’altro. Leggendo la sceneggiatura abbiamo subito colto un forte elemento di realismo. Anna non è un’eroina ma una donna che commette un peccato di ignavia. Il suo non è il percorso di una santa ma di una donna vera che si confronta con due uomini veramente poco rispettabili.
Ma per queste persone esiste veramente una possibilità di riscatto nella vita o alcuni nascono semplicemente sotto una cattiva stella?
Io credo che il messaggio di Gaudino arrivi forte e chiaro: non abbassiamo la testa, non facciamo finta di non vedere. Noi siamo artefici del nostro destino. Dobbiamo prendere coscienza di chi siamo.
Valeria Golino ha parlato delle difficoltà che avete riscontrato durante le riprese del film. Quanto è difficile oggi girare un film nel napoletano?
Non credo che si tratti solo di un problema regionale ma che riguardi tutta l’Italia. Noi non abbiamo un industria del cinema che garantisca spazio a qualsiasi prodotto. Per ogni film c’è bisogno di gente che creda in quel progetto e unisca le forze per mettersi alla ricerca dei capitali che servono per finanziarlo. Figurarsi poi se si tratta di un film d’autore senza garanzia di incassi come possono essere le commedie di Natale.
Cosa ne pensi della rappresentazione cinematografica di Napoli negli ultimi tempi?
Napoli è una città in fermento che riesce sempre a mettere in gioco grandissimi talenti da Paolo Sorrentino che va a rappresentarci in America a piccole realtà musicali come i nuovi rapper Rocco Hunt e Clementino passando per il passaggio epocale di Pino Daniele. Quello che detesto sono invece i luoghi comuni che sono molto difficili da combattere. Credo che vi sia una volontà politica ben precisa nel far male alla città di Napoli.
Di Gomorra cosa ne pensi? Sei tra i detrattori?
No, non potrei andare contro un prodotto di tale qualità. Poi quanto riguarda la presunta mitizzazione dei criminali io trovo molto più violenti gli interventi dei nostri politici in tv che non gli episodi di Gomorra. Se vivessimo in un Paese con una classe dirigente onesta allora la polemica ci potrebbe anche stare ma non è questo il caso.
E del rapporto tra Napoli e il sangue di cui scriveva Giuseppe Marotta?
Parlare di quella Napoli ha due spiegazioni: da una parte la responsabilità di raccontare fatti di cronaca che continuano ad accadere e dall’altra proporre figure malavitose che hanno da sempre esercitato un grande fascino sullo spettatore. Vedi il successo di Scarface o de Il Padrino.