Il bestiario degli autori mendicanti

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colletta libriParolina magica: “crowdfunding”. Mendicare per strada è brutto, si guadagna poco e lorda la nostra reputazione di uomini civili. Tanto vale mendicare via web. La parola “crowdfunding”, che significa “finanziamento di folla”, è speculare a “sim sala bim”: è la formula della felicità, l’ingresso nell’aureo tempio della fama. Uno dei siti italiani che permettere «di raccogliere denaro per finanziare le proprie idee» si chiama “Produzioni dal Basso” (www.produzionidalbasso.com) e funziona così: tu ci metti le buone intenzioni, loro la piattaforma on line. Il guadagno ve lo spartite. Di norma, il sito si tiene dal 3 al 5% dei soldi raccolti. Di progetti ce ne sono di tutte le specie, dai “Documentari & inchieste” a “Comunità & sociale” (c’è un tizio, poveretto, che ha preso 1062 euro di multa dai carabinieri, ha aperto un “Fondo per pagamento multa” e nessuno gli ha ancora sganciato un euro), ma visto che restiamo ostinatamente un popolo di poeti, la sezione con più progetti (243) è quella dedicata a “Libri & editoria”.

Non illudetevi, a mendicare soldi on line non ci sono Rainer Maria Rilke né James Joyce. C’è, però, l’Assessorato alla cultura del Comune di Ragoli, che vuole soldi per finanziare un libro in cui «viene descritta la vita di un paese delle Giudicarie, prima, durante e dopo la prima guerra mondiale». Titolo: Quando gli uomini cadevano come foglie. Un ventiseienne pugliese promette «aneddoti divertenti e storie di vita vissuta» durante gli anni universitari all’urlo di Ingegneria nuoce gravemente alla salute, mentre Andrea Di Stefano chiede soldi per realizzare «la pubblicazione della grammatica del Piemontese di Biella, a cui sto lavorando da diversi anni». S’intitola Gramàtica ‘d lengua piemontèisa (ant la varianta ‘d bièla), il nostro vanta già 58 sostenitori e 1.801 euro in sacca.

Sembra pazzesco, ma un bel mucchio di libri trova i finanziamenti richiesti: la storia letteraria del nostro Paese, perciò, si è arricchita di testi come La carta dei diritti delle femmine e dei maschi (c’erano bisogno di 3.852 euro), Architettura postdecostruttivista (1.700 euro, ed è solo il primo volume), Happy bike. Pedalando verso la felicità (costava 2mila euro), che ci insegna cose importanti del tipo, «una città che promuove la bicicletta è una città felice». C’è chi si è finanziato l’«inchiesta itinerante sulle resistenze contadine» (5mila euro e 56 sostenitori) e chi è riuscito a pubblicare un libro di vignette (Picio alla riscossa!) dedicato a «quel piccolo tiranno penzolante che ogni uomo si trascina appresso fin dalla nascita» (2.080 euro raccolti, 121 sostenitori, commento di aerea donzella, «mi ci mancava di comprarmi il picio!», complimenti).

Non ci sono soltanto, per così dire, gli scaltri autodidatti. Anche le “firme” ricorrono al finanziamento virale: 4 il libro nasce da una collaborazione tra Wu Ming 2 e «il collettivo fotografico» TerraProject. Nonostante la didascalia assai astratta (trattasi di «un cofanetto stampato in mille copie numerate, ognuno di essi contiene un racconto e una serie fotografica dedicata ai quattro elementi: acqua, aria, terra e fuoco», per capirci, come scrive Renata Ferri, «è un libro, forse di più. Un’esperienza», e chi ci capisce? ci mancava solo l’esperienza…), è stato un trionfo: 384 sostenitori e 13mila euro raccolti. Morale: nonostante le buone intenzioni (un libro, finanziato con 564 euro s’intitola Sull’importanza del silenzio), gli italiani non stanno mai zitti, scrivono, hanno bisogno di sostenere il proprio ego a colpi di verbi e di aggettivi. La vera notizia è che non c’è più bisogno degli editori (i quali già stanno penetrando tra le maglie del “crowdfunding”), gli autori ormai, grazie alla colletta on line, fanno da sé. Che siano bravi o meno è totalmente accessorio, inessenziale, non conta.