Ecco come svendono l’Italia…

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Un-americano-a-roma“Il provinciale non si fida di ciò che vede con i suoi occhi sino a quando non è a conoscenza di quello che la metropoli pensa sull’ argomento”. La citazione del poeta irlandese Patrick Kavanagh è la spiegazione definitiva del termine “provincialismo”. Delegare i propri gusti, il propri riferimenti, e infine la propria identità, ad altri, all’altro.

Buona descrizione per la temperie cultural-istituzionale italiana. La quantità di stranieri nominati ai vertici dei nostri musei è l’ennesima conferma della rapinosa tendenza. Niente di scandaloso nel fatto che uno straniero diriga un museo italiano, beninteso, ma se si tratta di un’istituzione pubblica il sospetto di provincialismo vien da sé. Anzi, la certezza: cerchiamo nomi fuori perché non ci fidiamo di noi stessi. A riguardo la provocazione di Philippe Daverio centra il punto: perché, in omaggio alla metropoli globale, non importare qualche ministro dall’estero?

Spirito del tempo, tecnicizzazione della politica, snobismo “de sinistra” (l’eredità dell’internazionalismo socialista trasformata in pavido provincialismo: Gramsci vi menerebbe, e farebbe bene)  concorrono allo stato di minorità della cultura italiana. Una timidezza nel riconoscere le proprie qualità che a rifletterci è il contrario del kantiano “pensar da sé”, e del “seguir virtute et canoscenza” che piace tanto alla trombetta di Matteo Renzi.

Da fuori prendiamo i loghi delle città (il tragico “Rome & you” di Marino), i “verybello” promozional-cazzeggioni per Expo, i sovraintendenti al più importante teatro d’opera. Dentro sbianchettiamo regolarmente ogni manifestazione e tradizione culturale che dovremmo pacatamente considerare un patrimonio.
Perché siamo provinciali dentro, anzi “inside”, e perché delegare ad altri, infine, toglie la responsabilità di essere se stessi. 

1 commento

  1. E se, invece, le nomine (validissime)fossero una specie di arginature all’egemonia pseudomafiosa della burocrazia imperante nell’amministrazione pubblica? Da quel che si capisce osservando i governi degli ultimi lustri par proprio di capire che i veri governanti s’annidino li.

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