Biennale: ecco i nomi del Padiglione Italia. Il codicillo di Trione

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vincenzo trione curatore del Padiglione Italia

In Italia ci sono 60 milioni di commissari tecnici della nazionale di calcio, e almeno 100mila commissari del Padiglione Italia della Biennale. Per cui, da oggi fino all’apertura, sarà un susseguirsi di «Io avrei fatto così… io avrei scelto questo e non quello…». Giorni dunque non facili che dovrà passare Vincenzo Trione in attesa che, decisi i nomi degli artisti e dati ieri in pasto alla stampa, si vedranno finalmente le opere. Certo, la scelta di Trione ufficialmente un non-curator, defilato rispetto ai contemporaneisti più stretti – appare, nel segno della “memoria”, un pot-pourri anagrafico e di generi con un senso incerto, una sorta di indecisione sulla strada da scegliere tra giovani e vecchi, arte povera e transavanguardia, concettuale e figurazione, pittura, video, performance. Il tutto, però, radunato sotto l’egida del filosofo Walter Benjamin, con citazione come da copione poiché per costruire il futuro dobbiamo guardare al passato. E sia. Ma tra ieri e domani, resta la sensazione che manchi nel denominato Codice Italia l’idea forte in grado di rappresentare l’arte nel nostro Paese, oggi.

In tutto saranno, comunque, quindici gli artisti presenti nel Padiglione, che vanno dai protagonisti dell’Arte Povera e della Transavanguardia (Kounellis, Mimmo Paladino, Nino Longobardi) a grandi “isolati” come Claudio Parmiggiani e Paolo Gioli; eredi delle neo avanguardie del Dopoguerra (Aldo Tambellini), personalità difficili da inscrivere dentro a tendenze precise (Antonio Biasucci, Giuseppe Caccavale, Andrea Aquilanti), voci tra le più originali dello scenario internazionale (Vanessa Beecroft); infine artisti dell’ultima generazione (il duo Allis/Filiol, Francesco Barocco, Marzia Migliora, Luca Monterastelli e Nicola Samorì).

vincenzo trione
Vincezo Trione

Ad ognuno di loro è stato chiesto di portare due opere, «rigorosamente inedite», la prima sul tema portante della reinvenzione della memoria, mentre per la seconda l’indicazione è di allestire un «atlante della memoria», sul modello di quello firmato da Aby Warburg, un’installazione per mostrare «tutto quello che c’è dietro all’opera d’arte, dalle letture alla musica e ai film» e in questo modo «svelare il pensiero segreto dell’arte contemporanea». Organizzata intorno a tre parole chiave, «codice genetico, stile e memoria» non è una collettiva «ma una mostra a tema», una rassegna pensata con lo sguardo del critico per rintracciare, nell’anno di Expo e nell’epoca della crisi e del terrorismo internazionale, le «traiettorie prevalenti» nel mondo dell’arte italiana. Un obiettivo non di poco conto a cui tende Trione.

Il Padiglione Italia sarà inaugurato il 6 maggio. È stato finanziato dal Mibact per 600mila euro, più 240mila di sponsor. L’allestimento, affidato all’architetto Giovanni Francesco Frascino, reinventerà lo spazio immaginando una «sequenza di cattedrali, per sottolineare l’autonomia di ogni artista e insieme il dialogo tra espressione diverse». Un video firmato da Mimmo Calopresti, con la musica dei Subsonica, ricostruisce il mood del dietro le quinte. E fuori dall’Arsenale, anche a Marghera, ci saranno tanti avvenimenti collaterali, tra cui workshop per gli allievi delle accademie d’arte di tutta Italia, coinvolti anche in un concorso con la collaborazione dell’inserto “Lettura” del Corriere della Sera (e ti pareva) a cui collabora lo stesso Trione.