Futuristi a morire in bicicletta

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urlAl grido di “guerra sola igiene del mondo” i futuristi partirono per la prima Guerra mondiale. In bicicletta. Volontari nel battaglione volontari ciclisti automobilisti, meglio noto con l’acronimo BLVCA. L’addestramento venne compiuto a Gallarate in provincia di Varese tra il maggio e il luglio 1915. Non mancarono le serate teatrali e le concioni. Poi il battesimo del fuoco in montagna nell’ottobre dello stesso anno. Capitanati da Filippo Tommaso Marinetti, che si era fatto operare d’urgenza un’ernia per non mancare l’appuntamento e aveva acquistato una fiammante Bianchi, una schiatta di artisti tra i quali Boccioni, Bucci, Erba, Funi, Sant’Elia, Sironi si immolò per la Patria. La goliardata durò un paio di mesi: assalti, ritirate, molto freddo, esaltazione e prostrazione. Poi il battaglione fu sciolto, con 72 caduti, 93 mutilati, 206 feriti.

1915. Il battaglione volontari ciclisti e automobilisti
1915: il battaglione volontari ciclisti e automobilisti

L’impegno però non diminuì. Marinetti nel 1917 fece ritorno al fronte, nella zona di Gorizia, in prima linea. Viene ferito e decorato. Nell’ottobre del 1916 era già morto Sant’Elia, durante un assalto sul Carso, seguendo due mesi dopo il destino di Umberto Boccioni, deceduto nei pressi di Verona nel corso di un’esercitazione. Soffici viene ferito sul monte Kobilek…

E’ la dura prova di una generazione di intellettuali che aveva visto nella guerra la suprema avventura di una Nazione e di un popolo. In trincea misurano la distanza tra gli ideali e il reale Ungaretti, Scipio Slataper, Clemente Rebora, Emilio Lussu, Gianni Stuparich, Saba, Riccardo Bacchelli, Giovanni Comisso, Carlo Carrà, Depero… E se si allarga lo sguardo oltralpe Celine, Jünger, Apollinaire, Otto Dix, Drieu La Rochelle, Brzeska, Kokoschka. Giovani che proveranno da vicino gli orrori della cosiddetta “mobilitazione totale”, dell’irruzione della Tecnica sui campi di battaglia.

Quale fu la causa di questa tragedia, quali i motivi che spinsero l’Europa a lacerarsi sulle linee fortificate (9 milioni di caduti, 34 milioni di feriti, 8 milioni di mutilati, 20 milioni di morti in seguito per la spagnola) sono dilemmi ancora aperti. Certo che appare, a cento anni di distanza, una parte di responsabilità italiana, per la spregiudicata politica estera e coloniale degli anni precedenti il conflitto.

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> Per approfondire il tema vale la pena compulsare un saggio storico scritto da un non storico di professione, uno dei migliori libri messi in circolazione per commemorare l’anniversario.

Roberto Floreani
I futuristi e la grande guerra
Campanotto editore 2015
pp. 188, euro 16,50