La poesia? Un fiore inverso con le radici verso il cielo

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rubon61Lello Voce è un cantore contemporaneo di origini partenopee. Frank Nemola un trombettista, tra l’altro musicista di Vasco Rossi. Qual è il trait d’union, verrebbe da chiedersi. La risposta è racchiusa tra le pagine sonore di Il fiore inverso (Squilibri, pp. 72, 15 euro, con CD audio), un disco-libro che mira a favorire il ritorno alla tradizionale oralità poetica.

La coppia, già vincente al Premio Napoli nel 2012, riesce egregiamente nell’impresa esaltando la poesia trovadorica, sin dal titolo che si ispira a Er resplan la flors enversa del massimo esponente provenzale Raimbaut d’Aurenga. Il fiore inverso, “l’unico tra tutti i fiori a crescere con le radici protese verso il cielo”, è appunto la poesia. Una poesia parlata quella di Voce e Nemola,  per gli esperti denominata spoken music, che si rivela la combinazione vincente di parole e suoni che narrano rabbia e disperazione per  una società infarcita di sconfitte e delusioni socio-politiche.

Una contaminazione di sound duetta così con i versi di Lello Voce, dalla canso provenzale al jazz sino al rap, rock ed elettronica,  mantenendo  in vita sogni e desideri con determinazione. Oltre alla tastiera elettronica di Frank Nemola, quindi fa capolino la tromba ruggente di Paolo Fresu, la chitarra elettrica di Dario Comuzzi, la fisarmonica popolare di Simone Zanchini e  il violoncello barocco di Eva Sola. Una combriccola artistica ben assortita, ritratta in uno sketch-book dalla matita appuntita di Claudio Calia, tra i più innovativi fumettisti italiani.

Il risultato è dunque  una “perimetrazione del presente in cui questo fiore sboccia, del passato in cui affondano corolla e pistilli,  e del futuro verso cui sono protese le radici”. Un’occasione per attestare che la musica nella poesia non è accompagnamento bensì completamento, amorevole accordo.

Nella spoken music, di cui appunto Lello Voce è pioniere, si conduce l’antica poesia nei meandri di sperimentazioni contemporanee in cui le caratteristiche vocali si amalgamano con il testo della poesia, il linguaggio detta il tempo e intona la melodia.  

Il fiore inverso, di recente vincitore del prestigioso Premio Pagliarani 2016, si rivela dunque un libro da leggere con le orecchie, in cui Lello Voce dedica anche il saggio “Per una poesia ben temperata” all’analisi teorica della poesia, sin da prima di essere confinata in una lettura silente e solitaria. Il poeta napoletano si sofferma sul “progressivo restringersi dell’interesse per la poesia evanescente costretta a entrare in concorrenza con altri generi letterari e musicali”. Denuncia, infatti, frequenti equivoci tra poesia, musica e letteratura.

La poesia deve ricalibrare le distanze col romanzo, sfuggendo al suo abbraccio mortale  e riaffermando la sua estraneità agli steccati letterari” afferma Voce sottolineando anche la differenza tra poesia e canzone d’autore, i cui testi senza musica non reggono in piedi e si rivelano “mediocri esercizi letterari”. Mentre la spoken music, come attesta l’opera di Voce e Nemola, è equilibrata, ha parole che suonano, e sboccia come un fiore inverso, in versi.