Kape, fuori dai soliti “Cliché”

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La black music è il filo conduttore dei dieci brani contenuti in Cliché (La Stanza Nascosta Records), primo lavoro solista del compositore e polistrumentista Kape, alias Alessandro Sicardi. “Il titolo suggerisce che il punto di partenza, sia per le musiche che per i testi, è solo la prima tappa: tutto viene contaminato e messo in discussione” spiega Kape, che ha anche raccontato la storia dell’album, canzone per canzone, in un libro che al momento si può acquistare, oltre che ai concerti dell’artista, alla libreria La scatola Lilla di Milano.

Classe 1979, genovese di nascita e milanese d’adozione, Alessandro scopre di non poter fare a meno della musica a 13 anni. “Veder suonare la chitarra mi piaceva, ero attratto da quello strumento; così decisi di iniziare a studiarla e mia cugina Elisabetta fu la mia prima, ottima, insegnante. “La classica ti dà le basi”, dicono e nel mio caso fu così; tre, quattro anni dopo stavo già studiando armonia e improvvisazione, e poi è iniziata la mia carriera”.

Numerose le collaborazioni e diversi i progetti di Kape, che compone anche per film e spot, suona nella band Ottavo Richter e, dopo una laurea in Scienze della Comunicazione con tesi dal titolo “Analisi di una colonna sonora”, oggi tiene laboratori sulla musica applicata alle immagini in movimento.

Di questo percorso professionale ormai lungo ricorda con grande emozione l’incontro con il chitarrista jazz Franco Cerri e non nasconde i momenti bui del suo mestiere: “E’ complicato fare il musicista in Italia, ci sono cose che ti possono decisamente scoraggiare. Ma ad un certo punto ho capito che il proprio atteggiamento è determinante, e sei tu il primo che devi credere in te stesso”.

Attualmente Kape è impegnato a portare in giro il suo disco ed anticipa un progetto che lo vede in vesti inedite: “Presto debutterò in uno spettacolo teatrale in cui recito. E vi assicuro che salire su un palco a fare tutt’altro rispetto a ciò che si è abituati a fare può mettere seriamente in difficoltà!”.