Pennellate di sensazioni e pensieri su sonorità indie-pop ed elettroniche. Si presenta così Sbalzi d’umore, nuovo singolo di L’Introverso, band milanese formata da Nico Zagaria (cantante), Marco Battista (chitarrista) e Giacomo “Futre” Cigolotti (bassista).
«Cantiamo sguardi con ragazze sconosciute, fallimenti che diventano maestri di vita, relazioni finite, nuove persone che arrivano e ti innaffiano un cuore che ormai credevi arido», dicono i tre, accomunati dalla passione per il rock inglese e insieme dal 2012, quando il gruppo è nato dalle ceneri di un’altra band.
Io è il loro album d’esordio, supportato da singoli come l’America e Primo attore. Risale a qualche mese prima dell’uscita del debut album, il primo live della band. Indimenticabile. «Ci chiamò il Magnolia di Milano per partecipare a una serata per band emergenti», racconta Nico. «Eravamo molto tesi, non avevamo mai provato questa formazione dal vivo. Ma eravamo anche esaltati, perché suonavamo nel locale che all’epoca frequentavamo di più, ma sotto i palchi. Ci fu qualche errore dato dall’emozione, ma in compenso riempimmo il locale con un sacco di amici e curiosi, arrivati nonostante fosse una serata in mezzo alla settimana, nella quale nevicava. Alla fine c’era un premio in soldi e vincemmo. Probabilmente li spendemmo tutti in una sbronza qualche giorno dopo, nello stesso Magnolia. Fu un prestito involontario».
Nel 2015 i tre hanno fatto conoscere brani come Stomaco e Ti odierai con l’album Una primavera, mentre Shock è loro ultimo lavoro discografico, che raccoglie sincerità, confessioni, melodie, libertà. Il tutto prediligendo sonorità moderne.
L’amicizia fraterna che li lega è per loro uno dei punti di forza di questa formazione, ma non l’unico: «Anche un certo disinteresse nei confronti di quel che ruota attorno al mondo della musica, delle pubbliche relazioni. Ci dicevano di farlo e ci abbiamo provato, ma non siamo fatti per quelle cose. Quando usciamo preferiamo andare al pub del nostro quartiere, in Barona, con vecchi amici e gente semplice, che per fortuna non sa niente di music-business. Alla fine, da queste esperienze e da queste relazioni umane sincere, nascono storie di vita che riteniamo più interessanti da mettere in musica» .
Buddisti e ambientalisti, i tre ragazzi si augurano di continuare ad avere la giusta distanza dalla musica. «Forse è proprio questo che permette di scrivere canzoni migliori. La vita è là fuori, la musica è uno strumento per cristallizzare quello che proviamo. Ci sono cose più importanti a cui dedicarsi. L’umanità vive un momento particolarmente buio, bisogna dare il proprio contributo per migliorare le cose. Perché, come diciamo in una canzone dell’album: “Il mondo fa schifo, ma la vita è bella“» .