Bruno Battisti D’Amario: “Io, Morricone e quelle nostre affinità elettive”

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Il Maestro Bruno Battisti D'Amario: "Io, Morricone e quelle nostre affinità elettive"
Bruno Battisti D'Amario - Facebook

Roma è una delle più straordinarie città al mondo, perché ha tutto e succede di tutto, anche nel giro di pochi metri: dello stesso pomeriggio di sabato puoi scegliere di partecipare ad un cocktail di presentazione di una collezione primavera estate di una stilista di abiti di colore nero e bianco, oppure di vedere come si fanno le uova di cioccolato in una celebre ed antichissima cioccolateria del centro, o andare alla presentazione di un libro in galleria. O anche in un bellissimo Auditorium per ascoltare musica dal vivo di celebrati compositori e scoprire che fra gli ospiti c’è uno dei massimi esponenti del chitarrismo nazionale e internazionale, esibitosi in concerto nelle più celebrate istituzioni musicali italiane e straniere, insieme ai più importanti direttori d’orchestra del mondo: il Maestro Bruno Battisti D’Amario. Ho avuto la fortuna di sedere anch’io fra il pubblico quel pomeriggio e non mi sono certo fatta sfuggire l’occasione di dialogare con il Maestro.

Lei è stato chitarra classica ed elettrica per molti cantanti dell’etichetta RCA, per i film western di Sergio Leone e le colonne sonore di Ennio Morricone per celebri film (Per qualche dollaro in più, Il buono, il brutto, il cattivo, C’era una volta il West, Il mio nome è nessuno, Metti una sera a cena,Sacco e Vanzetti, Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto). Che cosa non ha ancora fatto?

Musicalmente voglio solo capire cosa hanno scritto gli altri, io ho già scritto molto. Mi incuriosiscono i testi degli altri.

Ma come vede i giovani compositori? Che spirito e che animo mettono nei loro componimenti musicali secondo lei?

Parlando delle canzoni, trovo che il testo abbia il sopravvento sulla musica; è cambiato un po tutto, ma ho fiducia nei giovani.

Ma crede che questo accada perché loro abbiano qualcosa da dire e vogliono esprimerla così? Oppure perché in realtà non conoscono bene la musica o non la studiano a sufficienza?

Secondo me basano tutto sul testo perché c’è una scarsa conoscenza della musica, non hanno approfondito il messaggio musicale e quindi tutta la parte che conta viene demandata al testo, che è quasi sempre di protesta.

Mi viene spontaneo chiederle della musica trap, che ci sconvolge e ci preoccupa: avvicina i ragazzi più giovani, fa presumere guadagni facili e una vita al limite. Dal suo modo di fare musica siamo arrivati a questo. Cosa è successo alla musica?

Anche qui la musica effettivamente c’entra ben poco, se non in un senso esasperato del ritmo, che con la ripetitività porta allo “sballo” e diventa quasi una specie di droga: illude, fa pensare di trovare se stessi in una dimensione che non è quella naturale.

Ma la musica è una terapia, nel bene e nel male, vero?

Si, la musica quando è concepita con un messaggio interiore può diventare sicuramente anche terapia, ma in realtà è qualcosa che aumenta la cultura: è la capacità di essere sensibili e non soltanto razionali.

Con chi fra i grandi autori con cui ha collaborato, ha avuto un rapporto più vicino, di autentica amicizia?

Certamente con Ennio Morricone, con cui sono cresciuto insieme. Ho appena compiuto i sessant’anni di attività e li ho fatti quasi tutti con lui sin dall’inizio. Una personalità importante, ma non soltanto musicalmente. Noi ci frequentiamo anche fuori dalle scene.

Un suo ricordo invece di Umberto Bindi?

Lui era invece un altro tipo di personalità, era sofferente, aveva avuto una vita difficile. Ho lavorato con lui quando gli è venuta a mancare la mamma. Era molto sensibile e musicalmente molto preparato. Soffriva perché si sentiva isolato: sappiamo che era omosessuale, sembrava però non farsene una ragione e diceva “io sono nato così, cosa ci posso fare!”. La sua sofferenza l’ha riversata nella musica.

La RAI che cosa le ha dato?

La Rai, soprattutto nei primi tempi, gli anni ’60/’70, era un bacino importantissimo per i musicisti, perché da lì partiva tutto. Sono molto grato alla Rai. Già lavoravo con Morricone quando feci il concorso in Rai e lo vinsi. Più avanti rinunciai a quel posto perché avevo tanto lavoro e il posto fisso mi frenava per i concerti e per tutto quello che dovevo fare. Dedicarmi esclusivamente all’orchestra mi sembrò un po riduttivo.

Anche lei era un’anima scalmanata, Maestro…

Avevo i miei sogni, le mie esigenze, le mie spinte e cercavo di fare quello che la natura mi chiedeva e mi permetteva di fare.

Lei ha anche insegnato nei Conservatori di Stato di Pescara, di Napoli, di Firenze e al Santa Cecilia di Roma. Poi ha partecipato all’intramontabile Commedia Rugantino di Garinei e Giovannini del Teatro Sistina.

La prima versione, quella originale. Tra l’altro mi sono sposato lì. Ero fidanzato con mia moglie, che mi veniva a trovare al Sistina dietro il Teatro ed io non vedevo l’ora di finire per salire su, uscire e trovare la mia fidanzata, che è mia moglie da 52 anni. Il mio ricordo del Rugantino legato a lei.

Poi la collaborazione con Piovani, che l’ha coinvolta nella registrazione di due album con Fabrizio De Andrè, un’altra personalità che segna storicamente il Paese

E’ recentemente uscito un libro su De Andrè, dove c’è una mia intervista in cui esprimo il mio piacere di aver incontrato un artista a tutto tondo, anche un po scorbutico, pieno di valori.

Perché gli artisti sono spesso scorbutici?

Ma forse perché sono sempre alla ricerca di qualcosa che non conoscono e che vogliono conoscere e questo forse crea qualche turbamento, qualche attrito con il tempo. Il tempo che corre fa aumentare la saggezza. L’età non permette di correre: ci si deve adattare a questa nuova situazione e allora è quasi automatico che si dica che si diventa saggi, non per merito ma per necessità.

C’è una donna, una musicista, una componitrice, che nel suo mondo, il mondo della musica, le ha lasciato il segno?

Oggi non sono molte le donne che studiano la chitarra, rispetto al primo corso sperimentale, quando le donne studiavano la chitarra erano davvero tante. C’era un approccio allo strumento diverso. Ho conosciuto donne intelligentissime e davvero interessanti, come Milva e Milly, cantastorie specializzate nella narrazione di Bertold Brecht, donne con personalità molto importanti.

@vanessaseffer