Andate a cercarli nelle piazze del Sud o nei locali dell’underground romano. Li riconoscerete dalla musica senza basi, dalla voce senza autotune, dal suono vero delle chitarre e del basso, dal ritmo della batteria, dai testi che raccontano storie di vita vissuta.
Si chiamano ENGAGE e sono una giovane band che sta provando a farsi spazio, a emergere nel panorama musicale italiano. La formazione attuale è composta da due ragazzi provenienti da Mirabella Eclano, antico centro dell’Irpinia: Gennaro Caggiano 19 anni, voce, chitarra, musica e testo delle canzoni e Simone Oddo, 24 anni, chitarra del gruppo.
È dal 2011 che il progetto E.N.G.age prova a fare musica e opinione. Nella sua interezza Engage significa impegno sociale, di dire la propria, di non fermarsi mai, mentre l’acronimo E.N.G. age auspica l’arrivo di un’era in cui si possa celebrare la Gloria della Natura e della sua Energia. Insomma un progetto filosofico musicale che ha portato Engage a crescere e a spostarsi nei club e nei locali di musica live di mezza Italia, soprattutto di Roma e dintorni, per proporre la propria idea di musica e società.
Nel corso di questa esperienza la band è riuscita a classificarsi prima nella sezione Young del Contest Anime di Carta che annualmente si svolge a Roma. Grazie alla scena romana, gli Engage sono riusciti ad attirare l’attenzione del cantautore Massimo Di Cataldo che, dopo aver osservato l’energia esecutiva della band e colpito dalla profondità dei testi, decise di portare la band in studio di registrazione e di collaborare all’uscita del loro primo singolo.

Dalla collaborazione con Massimo Di Cataldo è scaturita la realizzazione del singolo This Cold Cold Blue. Di seguito gli Engage hanno deciso di concentrarsi e di mettersi alla prova sul difficile mondo musicale in lingua italiana e hanno messo a punto un intero repertorio di brani in italiano, pronti per essere portati in giro ed essere ascoltati.
Il primo singolo degli Engage in italiano si intitola Camel Blu, una storia per certi versi autobiografica e sicuramente molto personale dell’autore/cantante. Per questo brano è stato realizzato un video, utilizzato per iscriversi al contest 1MNext che mette in palio la partecipazione al Concertone del Primo Maggio di Roma. E per la prossima primavera/estate già si preannuncia molto interessante il tour che porterà la band a sparare watt, musica e parole in faccia ai Santi nelle piazze delle feste di Campania e dintorni.
Gennaro Caggiano, sei il frontman degli Engage. A chi si rivolge la tua band?
A tutti quelli che amano la musica, quella che ti regala emozioni, quella che magari con un solo tocco di chitarra ti fa venire i brividi, quella che riesci a sentire tua anche se è stata scritta da un altro. E poi speriamo di rivolgerci a tutti. Principalmente ai giovani, perché da giovani noi stessi pensiamo di saperli raccontare e saper descrivere le ansie, le preoccupazioni, gli stati d’animo, i momenti di depressione, i facili entusiasmi e le repentine disillusioni che vivono.
Insomma vorreste essere la voce dei giovani?
Non siamo così presuntuosi, ma vorremmo saperli e saperci interpretare, soprattutto in una fase temporale in cui si parla molto dei giovani, della loro situazione, dei loro problemi, del loro futuro, ma a parlarne sono sempre gli adulti, quegli stessi personaggi che hanno contribuito a limitare molto la costruzione del nostro futuro. Noi vorremmo che una volta tanto a parlare dei giovani fossero i giovani. E sarebbe molto bello se qualche adulto si fermasse ad ascoltarci a sentire cosa abbiamo da dire, cosa pensiamo e cosa vogliamo. Credo che in molti resterebbero molto sorpresi. Noi non vogliamo parlare dei giovani, ma con i giovani.
In che senso? Qualche esempio…
Nel senso che se pensiamo che la musica dei giovani parli solamente di droga, soldi e scopate, siamo totalmente fuori strada. Noi ci preoccupiamo del nostro futuro, siamo impauriti dal mondo come ce lo state lasciando voi adulti. Siamo terrorizzati dall’assoluta mancanza di considerazione per chi verrà dopo. Per fare qualche esempio, vorremmo che si smettesse di parlare di cittadini e immigrati ma che si parlasse di esseri umani e dei diritti fondamentali dell’uomo. Vorremmo che nessuno più morisse sul posto di lavoro, che le industrie portassero ricchezza e non morte e problemi, che la ricchezza del mondo fosse distribuita in modo più equo. Che il risparmio energetico fosse insegnato a scuola, che si gestisse il mondo non come un pozzo di petrolio dal quale estrarre fino all’ultima goccia di linfa, ma come la nostra tana, il nostro rifugio, il bene più prezioso che abbiamo. Vorremmo che tornassero di moda parole come solidarietà, accoglienza, fratellanza.
Sogni un po’ utopici, non trovi?
Non credo. È una strada da percorrere. Del resto la strada più lunga è quella sulla quale non inizi mai a camminare. Bisogna iniziare, il resto verrà un po’ alla volta.
Camel Blu è il singolo che state lanciando in questi giorni, accompagnato da un video girato nei vostri luoghi d’origine. Come lo definireste?
Abbiamo un approccio che potremmo definire strano con il racconto delle nostre vicende. Camel Blu rappresenta la possibilità di avere una rivincita, di poter ribaltare una situazione che ci vede soccombenti. Quindi c’è un forte dolore di fondo sul quale abbiamo costruito il racconto e la musica, ma è un dolore sul quale noi invitiamo chi ascolta la nostra canzone a ballare e divertirsi. È la storia della nostra vita. E proprio perché è la nostra vita diciamo fatecela vivere. Tocca a noi sbagliare ora.