La legittima difesa è prima di tutto una questione culturale. Questa è la conclusione più importante cui sono approdato dopo aver vissuto il calvario umano e giudiziario di mio padre, Giovanni Petrali, ex tabaccaio di Milano, che nel 2003 sparò e uccise un malvivente durante una violenta rapina. In questi anni ho studiato a fondo il fenomeno e ho cercato di spiegarlo al meglio nel libro Legittima difesa. La vera storia di una rapina finita nel sangue, un testo che suggerisce una soluzione al problema, forse l’unica possibile e veramente risolutiva. La modifica dell’articolo 52 del codice penale, infatti, sebbene necessaria, non basta. Lo dimostra il fatto che quella del 2006, voluta dalla Lega Nord, sia rimasta lettera morta. Che fare? Innanzitutto, un lavoro culturale. Bisogna far capire agli italiani che il problema non sono le norme, ma come vengono interpretate. Il problema nasce da una visione del mondo statalista, di cui il nostro paese è impregnato, che considera l’individuo non in grado di potersi difendere da solo. L’obiettivo del nostro lavoro culturale deve essere quello di far capire alla classe politica e al sistema in senso lato che siamo cittadini liberi e che possiamo essere anche responsabili. E’ il singolo cittadino che, nel momento in cui lo Stato non riesce a proteggerlo, deve decidere come difendersi di fronte ad una minaccia alla propria incolumità. Ed è consigliabile che lo faccia con preparazione, dopo aver seguito corsi e aver imparato ad utilizzare l’arma che detiene. Maturata questa consapevolezza, si dovrà portare la proprietà privata tra i diritti fondamentali dell’individuo in Costituzione, in modo da limitare la discrezionalità dei giudici, che non potranno più considerarlo inferiore rispetto al diritto alla vita (del malvivente). E da ultimo, si modificherà l’articolo 52 c.p. Dobbiamo tutti impegnarci per questa battaglia di civiltà e io ho la fortuna di farlo con persone eccezionali come i membri di UNAVI, Unione Nazionale Vittime e di #CulturaIdentità
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La difesa è da considerare “sempre legittima”!Sta all’aggressore,il RISCHIO,di avere di ritorno una reazione/difesa “blanda” o “capitale”,secondo le circostanze,che l'”aggredito” potrebbe mettere in essere.Non spetta all’”aggredito” il DOVERE di dosarne,gli effetti! Quanto alla “giustizia ialiana”,sino a quando non sarà elettiva,quindi responsabile verso il corpo elettorale,e attualizzata al “senso comune”,ci sono poche speranze,di sentenze conformi a questi principi.
“Maturata questa consapevolezza, si dovrà portare la proprietà privata tra i diritti fondamentali dell’individuo in Costituzione”
Peccato che siamo governati e giudicati (Magistratura Democratica) da un branco di cripto-comunisti. Secondo questi comunisti coi Rolex la proprietà privata deve essere abolita, tutta tranne la loro.
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