Goffredo Petrassi, genio musicale tra Ungaretti, Quasimodo e Montale

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cover autoritratto di goffredo petrassiUn ragazzino di dieci anni su un albero di mele cotogne, nella campagna laziale di Zagarolo, a cantare il Rigoletto. Tutto cominciò così per quel giovinetto che di nome faceva Goffredo Petrassi, divenuto uno dei massimi esponenti della musica contemporanea del Novecento, non solo italiana.

A raccontare Petrassi, i suoi passi nella musica, il suo mondo, le sue opere, i suoi legami e le sue amicizie è un libro scritto da Carla Vasio nel 1991 e divenuto irreperibile che, però, ora torna nelle librerie italiane. È il preziosissimo Autoritratto di Goffredo Petrassi (Mucchi, pagg. 179, euro 15).

Diciamo subito che si tratta di un libro unico: non è una classica autobiografia, ma è un’autobiografia scritta da una scrittrice. È evidente che il risultato è un qualcosa di insolito: i contorni della vita artistica e umana di Petrassi sono plasmati dalla raffinata ed elegante prosa di Carla Vasio in un golosissimo flusso di ricordi e di memoria che coinvolge gli incontri del grande compositore italiano con autori quali Luigi Dallapiccola («Siamo stati veramente come fratelli, anche se abbiamo avuto dei contrasti»), Bela Bartok («Sono rimasto affascinato dalla sua personalità così chiusa, così impenetrabile. Ma è soltanto dopo essere penetrato nella sua musica che ho cominciato a capirlo»), Gianandrea Gavazzeni («Fra di noi c’è stata un’amicizia molto attenta e profonda: lui mi ha seguito nella mia attività di compositore e io ho seguito lui nel suo iter artistico e anche umano, sempre con vero affetto»), Eliot Carter («Io desiderai conoscerlo, dando inizio a una lunga amicizia, diventata sempre più stretta a ogni incontro successivo»), i poeti Giuseppe Ungaretti, Salvatore Quasimodo («Fui io a chiedere a Ungaretti e poi a Quasimodo di farmi un libretto per un Prometeo; ma era un progetto velleitario, perché ormai c’era la guerra e tutti avevano altri problemi») ed Eugenio Montale. Singolare il ricordo dell’incontro con quest’ultimo. Petrassi musicò Il cordovano su un testo di Montale tradotto da Cervantes, ma la prima alla Scala, nel 1949, fu duramente fischiata: «Dopo lo spettacolo ci riunimmo nella libreria antiquaria di Carla Marzoli per discutere dell’accaduto. C’era anche Montale, naturalmente, con Marino Marini e altri letterati, pittori, scultori, molte fra le autorità intellettuali del Nord Italia. Li dovetti confortare ricorrendo ai luoghi comuni che si usano con un autore appena fischiato, dicevo: “Ma pazienza, anche Il barbiere di Siviglia… anche la Carmen… e La Traviata…”».

C’è poi anche il Petrassi uomo e introspettivo: «Ho provato tutto: felicità, dolore, paura, coraggio. Perché io sono un uomo comune». Se, dunque, volete conoscere e approcciare la figura di Goffredo Petrassi, musicista e uomo, questo Autoritratto è la scelta migliore.

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Mattia Rossi
Nato a Casale Monferrato (Alessandria) nel 1986. Orgogliosamente piemontese e monferrino: ama la tavola, il vino e la nebbia della sua terra. Ha studiato Canto gregoriano a Milano e Lettere a Vercelli. Si occupa prevalentemente di musica (tutta: dal gregoriano alle avanguardie) e recensioni librarie. Ha al suo attivo diversi articoli sul canto gregoriano, sulla musica sacra, sulla musica nella "Commedia" di Dante e sulla musica trobadorica pubblicati in riviste internazionali. È anche autore dei volumi "Le cetre e i salici" (Fede&Cultura, 2015), "Rumorosi pentagrammi. Introduzione al futurismo musicale" (Solfanelli, 2018) e "Ezra Pound e la musica" (Eclettica, 2018). Giornalista e critico musicale, collabora con «Il Giornale», «Il Giornale OFF» e «Amadeus».