L’industria creativa il nostro petrolio

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creative-economy2Il nostro è un paese bizzarro. Capace di essere suddito di altre nazioni con la leggerezza che si addice di più a una giovane democrazia piuttosto che alla culla dell’umanità. Siamo capaci di alimentare guerre fratricide fenomenali, incapaci di tutelare quel patrimonio culturale di cui disponiamo, che fa di noi il primo paese al mondo per numeri di siti Unesco. Non solo. Il “Bel Paese” produce, come “industria creativa”, quasi cinquanta miliardi di euro offrendo lavoro a più di un milione di persone e rappresentando quasi il cinque per cento del nostro Pil.

Nell’industria creativa sono considerate tutte quelle discipline, dall’arte alla fotografia, dalle arti visive, alla musica che, nel nostro immaginario ci sembra produca giovani disoccupati. Non è così. Il solo reparto musicale genera cinque miliardi di euro all’anno e occupa all’ottanta per cento giovani dai 25 ai 40 anni. Eppure l’Italia, proprio in campo musicale, non è capace di promuovere una legge che sia capace non semplicemente di investire economie ma di proteggere e tutelare, oltre che incoraggiare, tutti quei giovani che si avvicinano alla creatività pensando di poterne fare un progetto di vita economicamente sostenibile. A volte basta guardare in casa per trovare soluzioni che altrove non esistono