Sei giunto a divulgare la tua legge attraversando le vibrazioni esplicitate nei precedenti lavori quali Mollate le vele presso la sala corner del MAXXI, Alles ist blatt nell’Orto Botanico di Padova e Lotteria Farnese presso la Sala della Meridiana del Museo Archeologico di Napoli. Puoi descrivere l’evoluzione di una ricerca così raffinata e complessa che incanala e sintetizza le mille sfaccettature di una natura “insidiosa”?

La legge della giungla è una mostra che nasce come conseguenza quasi automatica di questi tre episodi importanti che si sono succeduti a rotta di collo tra maggio e novembre dell’anno passato. Tre luoghi diversi tutti fortemente connotati da un’architettura precisa. Ci sono differenze ed analogie. Ad esempio l’uso di tele con un colore di fondo preciso. In Mollate le vele, la contrapposizione dei due teleri esposti come vele tese tra due colonne nella sala Corner del Maxxi, era esaltata dal bianco di supporto di Case di giorno e dal nero di Strada di notte.
A Napoli ho scelto di continuare in quella stessa direzione creando un complicato sistema espositivo che cercasse un dialogo con il luogo. La Sala della Meridiana è estremamente ricca di storia e di elementi architettonici importanti. Una delle più imponenti sale coperte in Europa, più di mille metri quadri con un’altezza di venticinque mi ha spinto a cimentarmi in un’impresa fuori misura e a costruire delle strutture di ferro autoportanti che sorreggevano ciascuna due teleri, recto e verso. Su questi venti stendardi colorati lunghi ciascuno sei metri e alti tre ho disegnato in modo molto semplice, come se fossero degli schizzi ingigantiti, immagini di paesaggi che avevo frequentato. Vedute delle Marche, della Costiera, della Riva del fiume Adige, dei boschi di Ansedonia. Così è nata Lotteria Farnese una sorta di labirinto ossessivo che girava intorno alla diagonale della Meridiana che taglia la sala.
A Padova invece in Alles ist Blatt, direi che è stato un lavoro nel quale il colore veniva “negato”, grandi disegni su tele bianche o grigie. La scelta era dettata dalle vetrate che si affacciavano sui giardini luminosi dell’orto botanico. Il colore della natura che penetrava dall’esterno mi ha spinto quindi a scegliere di non entrare in una competizione impossibile tra la realtà vera e la realtà dipinta. Anche perché lì a pochi metri c’erano le ninfee che mi avevano spinto a tentare il confronto impossibile col Maestro, infatti in quella mostra erano esposti in fondo alla sala due disegni che sono la premessa di quello che poi ho cercato di realizzare al primo piano della galleria di M77.
Nelle limpide sale della galleria di via Mecenate ho voluto azzerare il problema. Tutto semplice. Solo quadri appesi alle pareti in modo tradizionale uno a fianco dell’altro. Lo spazio potente della galleria mi ha aiutato. Ho pensato di creare quindi quasi due mostre autonome. Al piano terra un dialogo più articolato con i quadri definiti esotici, una sala costruita con dei trittici che cercavano una sinfonia cromatica e sopra invece la stanza con le grandi ninfee nere col quadro bianco da solo, nei corridoi Urpflanze.
La tua giungla e i cicli artistici sopracitati differiscono per un uso più audace e potente del colore, elemento che ha caratterizzato e contraddistinto la tua pittura anche in lavori antecedenti, come giustificheresti tale scelta in questo tuo ultimo lavoro?
L’uso arbitrario del colore rispetto alle immagini che dipingo è sempre stato il mio “trucco”, ho costantemente cercato una sorta di spostamento tra la formula naturalista e il colore inventato, in questa mia invenzione del colore ho trovato il modo di far sì che queste immagini si rendessero necessarie. Per questo ero così affascinato dall’espressionismo tedesco.
Ne La legge della giungla tanti sono i riferimenti e le citazioni, volontarie o meno, che è possibile leggere: da Monet a Schifano, passando per Gauguin. Ma quali sono stati, se presenti, gli effettivi riferimenti artistici che hanno accompagnato la genesi di questa opera?
Credo che nel lavoro di ogni artista ci sia sempre uno sguardo al passato, ci sono infiniti aspetti e vicende che incidono sul proprio dna. Bacon diceva che il suo lavoro era il vomito di tutte le informazioni che aveva immagazzinato. E voleva dipingere un sorriso come una ninfea di Monet… così anche per me, influenze infinite sono passate senza forse che me ne accorgessi , Schifano, Fontana, i disegni di van Gogh, le opere di Peter Doig o quelle Gilbert and George o oppure Cy Twombly, artista che ho sempre osservato con grande ammirazione.
E’ interessante capire come nella storia dell’arte ci sia un costante sguardo a ritroso che ci dimostra come l’attualità di un lavoro non sia data dalla cronologia e questo ci serve per andare in avanti. Infatti riguardo a Gauguin credo che oggi sia un artista con tanti aspetti veramente contemporanei, da rileggere in modo diverso e abbia qualcosa che ci può sorprendere. Una tradizionale lettura scolastica un pò ci imbroglia, ma i suoi quadri hanno una semplicità, si muovono felpati, si camuffano da esotici pur avendo una luce nel colore così terribilmente morbida.
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LA LEGGE DELLA GIUNGLA
di Giovanni Frangi
a cura di Michele Bonuomo
Da martedì 26 maggio a sabato 12 settembre 2015
M77 Gallery
via Mecenate 77 –
20138 Milano
tel. 02 84571243
Orari:
martedì – sabato |
11:00 – 19:00
Chiusura: lunedì













