Aridateci gli uomini col pelo!

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KARL MARXDa Babbo Natale a Bin Laden, da Gandalf a Marx. Il nonno pacioso, il vecchio saggio, passando per terroristi e filosofi, è diventato un bad boy. Secondo il sondaggio condotto da Censuswide il 65% delle donne preferisce gli sbarbatelli: sono più affidabili, più puliti…e non si sta parlando di cani. Più che di igiene personale e solleticamenti irritativi ad essere chiamata in causa è la pulizia morale. Il gentil sesso non si fida dei barbuti che pare siano spietati, bugiardi e pure maneschi. Lo stereotipo del maschio selvaggio, predatore dissoluto, brutale per vocazione è una paura atavica che ha contagiato anche quel bonaccione di Babbo Natale facendolo diventare bastardo con l’aiuto di Billy Bob Thornton. La fisiognomica fa tanto, in piccoli particolari si nascondono secoli di storia.

Dai detti popolari tipo “Il lupo perde il pelo ma non il vizio” sul licantropo fedifrago alle fiabe ancestrali come il “Barbablu” di Charles Perrault, uxoricida ante litteram che terrorizza le bimbe del globo da millenni. Anna, nonostante le promesse, entra nella stanza proibita del castello, vede tutte le mogli precedenti del facoltoso serial killer riverse a terra in una pozza di sangue e per lo spavento fa cadere la chiave magica che si macchia indelebilmente. Barbablu alias Enrico VIII Tudor che condannava a morte le sue amate, alias il barone di Rais che ha massacrato più di  centocinquanta fanciulle nelle sue atroci cerimonie, alias Henri Landrou strangolatore di fidanzate ghigliottinato nel 1922. Le fiabe aiutano a digerire la storia, almeno in queste la trama si aggiusta prima del catartico “the end”: Barbablu muore e Anna eredita tutto. O come il cornuto folle de “Le mille e una notte” che, dopo aver sterminato villaggi di donne, risparmia la sua sposa per ascoltare la storia che non avrà mai fine.

Il plot è sempre lo stesso: un satiro barbuto che utilizza elementi magici contro mogli disobbedienti e traditrici. Non è una spedizione punitiva, è una questione di fedeltà. Questi Barbablu immaginari mettono alla prova le loro donne perché non si fidano, sono degli orsi insicuri che si portano appresso almeno un simbolo di dignità virile, l’onor del mento. La barba, si sa, è sinonimo di potere fin dall’antichità, per i Greci come per i Romani, per gli Ebrei come per gli islamici. A pizzo, a mosca, a pappafico, a massa, a scodella, forcuta…qualsiasi forma prendesse non diminuiva la sua sacralità. Poi sono arrivati i barbieri con i loro rasoi e dopo di loro i padri che insegnarono ai figli a radersi: nuovi rituali per scacciare satanasso. È Schopenhauer, secondo il quale la barba doveva addirittura essere proibita dalla polizia, ad esprimere al meglio l’avversione per questo scabroso orpello che attirava sensualmente le donne.

Ma no, adesso le donne hanno la fobia del pelo, sono sessuofobe e maschiofobiche. Ogni donzella deve farsi valere contro il bruto di turno ma siamo sicure di preferire il faccione sbarbato di Renzi al buon vecchio Babbo Natale e perfino al nostro Barbablu? Si deve ammettere che anche la barba ha avuto le sue cadute di stile, basti pensare agli hipster impomatati ma non c’è dubbio: per mandare Figaro in cassa integrazione e farlo tornare a cavar sangue bisognerà accettare i barbuti tormentati, basterà tranquillizzarli un po’… è una questione di fiducia. Non nel lieto fine del principe glabro che si toglie anche le sopracciglia ma nell’uomo come tale, con la barba -meglio- o senza barba – e vabbè, it’s evolution baby-.